Traiettorie di somiglianza di due straordinari educatori... (Leggi tutto)
Nato nel 1950 a Santa Maria Capua Vetere, in provincia di Caserta, Vincenzo Russo è laureato in Scienze politiche all'Università degli Studi di Milano. È stato prima direttore di un centro socio-educativo e poi di una comunità alloggio per minori nel Comune di Sesto San Giovanni (Mi). Attualmente è docente universitario a contratto del corso in Educazione professionale presso la Fondazione Don Gnocchi. In questa autobiografia, spietata e ironica, racconta di come il "papà dei mutilatini" e la sua Opera hanno fatto di un disabile un uomo.
"Se il destino è contro di me peggio per il destino" non è semplicemente la storia di una diversità. É la storia della Milano degli anni Sessanta e Settanta, di una città generosa che offre opportunità e amicizie, delle influenze del ’68 sui giovani italiani e sui collegi della Fondazione Don Gnocchi, costretti dall’incalzare degli eventi a subire a radicali trasformazioni tra vertenze sindacali, dibattiti infuocati e occupazioni delle università.
Nel 1970 Vincenzo entra come operaio alla Sit Siemens di piazzale Zavattari, scoprendo quanto il clima della fabbrica sia lontano dal mito della rivoluzione in cui si sarebbe aspettato di essere coinvolto. Alla Sit Siemens (poi Italtel), Vincenzo lavora per anni fino a comprendere, grazie anche ai silenziosi dialoghi sulla tomba di don Carlo, che può pretendere di più da se stesso e dalla vita: si iscrive allora a una scuola serale e, poi, all’Università degli Studi di Milano, dove si laurea in Scienze politiche.
Il libro è un grido di battaglia, un urlo di rabbia verso una sorte che sembra accanirsi su di un solo individuo e, soprattutto, un inno alla vita capace di raccontare gli ardori e l’irrequietezza dell’adolescenza, le prime infatuazioni, l’amore, la fame di vita di un ragazzo entusiasmato da Jimi Hendrix, Jethro Tull e Led Zeppelin, fino alle prese di coscienza proprie dell’età adulta.
Nelle pagine del suo libro, Vincenzo Russo ha il coraggio di narrare anche il dolore per la deriva della sua famiglia, emigrata dalla Campania alla Svizzera alla ricerca di un riscatto: l’insofferenza allo straniero celata dietro l’ipocrisia della Locarno degli anni Settanta sarà tra le ragioni che spingeranno due dei tre fratelli di Vincenzo all’eroina e, di conseguenza, all’AIDS e alla morte.
É anche per loro che, senza rassegnazione e con molta voglia di combattere, Vincenzo Russo ha raccontato di come abbia smesso di sopravvivere per cominciare a vivere.