Traiettorie di somiglianza di due straordinari educatori... (Leggi tutto)
L’Editrice Vaticana ha rieditato nel 2009, anno della beatificazione, il saggio più impegnativo di don Gnocchi, scritto nel 1946.
A livello popolare la figura di Carlo Gnocchi come scrittore è affidata soprattutto a "Cristo con gli alpini", o alla "Pedagogia del dolore innocente".
La penna di don Carlo era instancabile come lo erano le sue mani e il suo cuore: eppure, l’opera più impegnativa dal punto di vista teorico è probabilmente quella meno conosciuta a livello popolare.
Si tratta proprio di questo saggio, nato da una serie di articoli apparsi su un giornale stampato a Lugano, un’opera che meriterà al suo autore il Premio Viareggio del 1951. La data della pubblicazione è emblematica: siamo nel 1946, quando la bufera immane della guerra era alle spalle, si era finalmente spenta la retorica marziale e nazionalistica del fascismo e sembrava aprirsi l’alba di una rinascita. Essa, però, aveva a prima vista solo i connotati di una riedificazione edilizia sulle macerie dei bombardamenti.
Don Carlo, invece, a un popolo che ormai era stato “disincantato” dalla guerra e che era stato scosso dal letargo dell’intelligenza e della coscienza e liberato dalla propaganda di regime, voleva proporre un’altra e ben più ardua ricostruzione: così come nella lotta bellica ci si era adattati alla brutale locuzione del «far fuori un uomo», ora si doveva «rifare l’uomo», impresa ben più difficile dell’altra, eppure «prima e più fondamentale di tutte le ricostruzioni».