Traiettorie di somiglianza di due straordinari educatori... (Leggi tutto)
È tornato in libreria nel Natale 2008, edito da Mursia, il dolente e commovente “Cristo con gli alpini”, diario spirituale di don Carlo Gnocchi, cappellano della Julia sul fronte greco-albanese e poi della Tridentina nella tragica campagna di Russia. Il libro ha la prefazione di Armando Torno, scrittore ed editorialista del Corriere della Sera e ricordi di Mario Rigoni Stern e Peppino Prisco.
Alla prima edizione del 1943, la cui diffusione fu resa difficile dall’ostracismo del regime fascista, ne seguì un’altra nel 1946 che ebbe maggiore fortuna e che diventò presto un testo fondamentale per coloro che avevano vissuto in prima persona la tragedia della guerra.
«Lo riproponiamo oggi - scrive Torno nella prefazione - perché non solo è una testimonianza storica importante, ma soprattutto è un atto di fede gettato nella follia della guerra, uno slancio d’amore che replica ai colpi della violenza»,
Don Gnocchi inizia il suo racconto sulla tradotta militare che riporta in Italia gli alpini italiani sopravvissuti a “undici combattimenti per aprire un varco nell’accerchiamento nemico, ripiegando per settecento chilometri nella steppa invernale”, in quella che il sacerdote chiama “la campagna del dolore”.
La narrazione di don Carlo non segue un rigoroso percorso cronologico ma piuttosto ripercorre una sorta di mappa del dolore: fatti, incontri, riflessioni ed emozioni degli anni passati in guerra. La fede è l’infallibile bussola che consente al cappellano di non perdere la speranza mentre attorno a lui i soldati vengono straziati dalle pallottole, dalla fame e dal freddo, accomunati nella sofferenza alle popolazioni civili su cui, altrettanto pietoso, si sofferma il suo sguardo.
Ci sono pagine di altissima forza letteraria come quelle in cui racconta la straziante liturgia di guerra: in piedi su una slitta, in mezzo agli uomini spaventati dall’improvviso attacco nemico, il prete alza il suo piccolo crocifisso su cui si posano “cento sguardi fermi e intensi… e io non so come ne reggesse il peso e l’audacia”, e momenti di riflessione sulla propria missione di sacerdote impotente di fronte all’immensità della tragedia.
“Cristo con gli alpini”, riletto oggi, ha la forza di un manifesto programmatico di quella che nel dopoguerra sarebbe diventata la missione di don Carlo: assistere e aiutare i bambini mutilati dalla guerra. Ai piccoli mutilati è infatti dedicato l’ultimo paragrafo di questo libro che si chiude con una domanda rivolta al Bruno, un ragazzino che aveva perso entrambe le braccia per lo scoppio di una bomba.
«Come puoi fare senza manine?», si chiede don Gnocchi. La risposta è in quello che ha costruito: la Fondazione che oggi porta il suo nome in oltre sessant’anni di attività ha assistito e assiste migliaia di disabili. Ieri le piccole vittime della guerra, oggi pazienti di ogni età affetti da patologie di tutti i tipi.
Riproporre “Cristo con gli alpini” significa conoscere un po’ più la guerra e la Russia. Soprattutto queste pagine spiegano l’inizio di un miracolo.