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Trattare chirurgicamente un sarcoma può significare rimuovere, in modo parziale o integrale, specifici distretti muscolari, nelle parti del corpo più svariate. Dopo l’intervento il paziente dovrà necessariamente fare i conti con un deficit motorio che potrà essere risolto, completamente o quasi, attraverso una specifica riabilitazione. «Questo percorso terapeutico - spiega Irene Aprile, direttrice del Dipartimento di Riabilitazione Neuromotoria della Fondazione Don Gnocchi e componente del Direttivo dell’Associazione Sarknos - è strutturato in tre diverse fasi: la valutazione del deficit, la riabilitazione, la rivalutazione dei risultati ottenuti».
Ognuno di questi step è oggi supportato dalle nuove tecnologie che permettono di agire con maggiore precisione ed efficacia. «Per valutare la performance motoria di un paziente sottoposto ad un intervento chirurgico per l’asportazione di un sarcoma è possibile avvalersi di due strumentazioni altamente tecnologiche - continua la dottoressa Aprile -: l’elettromiografia di superfice e il sistema optoelettronico. Quest’ultimo è un vero e proprio laboratorio dotato di telecamere che riprendono il paziente in movimento. Sul pavimento sono posizionate delle pedane capaci di rilevare la pressione esercitata durante la camminata, la lunghezza del passo, la velocità con cui si deambula. Tutte queste capacità del paziente verranno espresse attraverso scale numeriche utili a valutare l’entità dei successivi progressi. Il percorso riabilitativo e la tipologia di esercizi verranno quindi decisi sulla base di tali risultati».
Tuttavia, prima di cominciare la riabilitazione vera e propria, ci sarà una fase immediatamente successiva all’intervento in cui sarà necessario preservare la parte operata, ad esempio attraverso l’uso di specifici tutori e stimolare il resto del corpo evitando l’ipotrofia di tutti quei muscoli non coinvolti direttamente dalla chirurgia. Solo quando la ferita sarà guarita si potrà riabilitare la parte direttamente interessata dal sarcoma.
«All’inizio della riabilitazione è estremamente importante osservare le strategie compensative messe in atto dal paziente. Persone che hanno subito un’asportazione totale del quadricipite, ad esempio, utilizzeranno altri muscoli, non impegnati in condizioni normali, per mettersi in piedi e camminare. Il risultato è davvero sorprendente - assicura la dottoressa Aprile -: mi è personalmente capitato di osservare pazienti usare dei muscoli che mai avrei associato al compimento di un determinato movimento. Ed è proprio grazie a questa compensazione che la maggior parte dei pazienti riesce a recuperare completamente la sua pregressa autonomia».
Anche nella fase riabilitativa vera e propria è notevole il contributo offerto dalle nuove tecnologie: si va dai robot che assistono il paziente nelle funzioni che da solo non è più in grado di espletare, alle pedane che aiutano nel recupero dell’equilibro e della propriocezione, utilissimi ad esempio per quei pazienti che perdono la sensibilità sotto la pianta dei piedi. Altro contributo offerto dall’innovazione tecnologica è la possibilità di effettuare la riabilitazione anche a distanza.
«Pensiamo a quei pazienti che vivono lontano dal Centro di riabilitazione e che, anziché percorrere chilometri ogni giorno, possono essere seguiti restandosene a casa propria. A queste persone viene fornito un dispositivo, delle dimensioni di una piccola scatola, da collegare al televisore. In questo modo il terapista può sia osservare e guidare il paziente nella terapia in tempo reale, sia controllare in un secondo momento la corretta esecuzione degli esercizi assegnati da compiere in autonomia».
In Fondazione Don Gnocchi la riabilitazione a distanza è possibile grazie alla donazione di alcuni dispositivi da parte dell’Associazione Sarknos.
«Il percorso terapeutico si conclude con una nuova valutazione per accertarsi che siano stati raggiunti i risultati attesi o, se necessario, per prolungare ulteriormente la terapia. Una volta tagliato il traguardo non si torna indietro: chi riacquista la propria autonomia - conclude la dottoressa Aprile - non rischia di perderla».
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