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Tornare a camminare con una mobilità simile alla normalità dopo un intervento chirurgico invasivo per un tumore agli arti è possibile. Lo dimostrano i risultati presentati ieri al Senato da Irene Giovanna Aprile (nella foto sotto, durante l'intervento), direttrice del Dipartimento di Riabilitazione Neuromotoria della Fondazione Don Gnocchi. Grazie a un approccio multidisciplinare e all'uso di robotica e intelligenza artificiale, la riabilitazione può fare la differenza nel recupero dei pazienti.
Il 50% dei pazienti con sarcoma riceve una diagnosi corretta solo dopo aver affrontato procedure terapeutiche inappropriate. Per sensibilizzare le istituzioni e l'opinione pubblica su questa problematica, il Questore del Senato, senatore Antonio De Poli e la senatrice Paola Binetti hanno organizzato un evento sui "Tumori Rari" in collaborazione con l'Associazione di pazienti Sarknos.
«I sarcomi colpiscono i tessuti connettivi, ovvero le strutture di sostegno dell'organismo. Possono interessare parti molli, ossa e visceri - spiega il dottor Sergio Valeri, presidente di Sarknos e responsabile della Chirurgia dei Sarcomi dei Tessuti Molli alla Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico -. Si tratta di tumori rari, rappresentando circa l'1% di quelli diagnosticati negli adulti».
«Se una malattia è rara, non deve esserlo anche il diritto a curarsi - sottolinea il senatore De Poli -. Dobbiamo garantire una presa in carico completa del paziente, assicurandogli la migliore qualità di vita possibile, anche grazie alle nuove tecnologie, dalla telemedicina all'intelligenza artificiale, sempre come supporto e mai in sostituzione dei professionisti sanitari».
Irene Aprile, neurologa al Centro "S. Maria della Provvidenza" di Roma della Fondazione Don Gnocchi e coordinatrice della Mission 1 del progetto Fit for Medical Robotics finanziato dal PNRR, ha evidenziato l'importanza della riabilitazione e delle nuove tecnologie nel recupero post-operatorio.
Presentando il caso di un giovane paziente operato per un sarcoma agli arti, la dottoressa Aprile ha mostrato un grafico emblematico: la linea rossa rappresentava la mobilità articolare subito dopo l'intervento, mentre la linea grigia indicava la normalità di un soggetto sano. Grazie alla riabilitazione, la linea verde, che segna il progresso del paziente, si avvicinava sensibilmente alla fascia di normalità. In altre parole, nonostante un intervento chirurgico demolitivo, il percorso riabilitativo ha permesso di recuperare una funzionalità paragonabile a quella di una persona sana.
L'analisi del movimento, condotta con un approccio personalizzato basato su robotica, intelligenza artificiale e realtà virtuale, ha confermato che la riabilitazione avanzata può restituire ai pazienti un'elevata qualità di vita.
«Il nostro obiettivo è indirizzare il paziente verso il miglior percorso riabilitativo possibile - afferma Irene Aprile -. Utilizziamo tecnologie avanzate sia per la valutazione iniziale delle capacità motorie, grazie a strumenti come l'elettromiografia di superficie e il sistema optoelettronico, sia per la fase riabilitativa vera e propria».
Grazie alla realtà virtuale, ad esempio, i pazienti possono esercitarsi in scenari simulati che riproducono situazioni reali. Questi strumenti consentono non solo di migliorare la qualità degli esercizi, ma anche di monitorare in tempo reale i progressi.
«Attraverso speciali pedane, rileviamo parametri come la pressione esercitata durante la camminata, la lunghezza del passo e la velocità del movimento - spiega Aprile -. Un ulteriore vantaggio delle nuove tecnologie è la possibilità di seguire i pazienti a distanza tramite la tele-riabilitazione, permettendo loro di eseguire gli esercizi a casa senza rinunciare a un monitoraggio costante da parte degli specialisti».
La riabilitazione, dunque, non solo restituisce mobilità, ma rappresenta una vera e propria strada verso la normalità, anche dopo un tumore raro.
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