Il progetto - attivato al Centro S. Maria ai Colli -... (Leggi tutto)
Le polveri sottili derivanti dall’inquinamento sono uno dei maggiori responsabili di aritmie cardiache fatali. Numeri alla mano, gli effetti nefasti dello smog sono responsabili di una morte su cinque tra quelle dovute a eventi cardiaci e vengono subito dopo l’ipertensione, il fumo e la dieta errata, ma ben prima di colesterolo alto, sovrappeso, mancanza di attività fisica, abuso di alcol e malnutrizione.
Uno studio scientifico frutto del lavoro congiunto di un team di esperti, dei quali fa parte anche il dottor Davide Lazzeroni, medico cardiologo dell’Unità Operativa di Prevenzione e Riabilitazione Cardiovascolare del Centro “S. Maria ai Servi” della Fondazione Don Gnocchi di Parma, ha indagato le relazioni tra inquinamento e arresto cardiaco extra-ospedaliero.
Lo studio congiunto - sviluppato da specialisti di Parma e Piacenza e pubblicato con successo su riviste scientifiche del settore - è stato coordinato dalla dottoressa Daniela Aschieri, responsabile del reparto di Cardiologia dell'ospedale di Piacenza e presidente del “Progetto Vita”, e dal professor Giampaolo Niccoli, docente di Cardiologia all’Università di Parma, e vede tra gli autori – oltre al dottor Davide Lazzeroni - anche il cardiologo Luca Moderato (Cardiologia di Piacenza).
Nello specifico, sono due gli studi presentati in questi due anni dal team di ricercatori.
Il primo studio (presentato al Congresso Europeo di Cardiologia nel 2021) ha comparato i dati giornalieri urbani di inquinanti, rilevati dalle centraline ARPA di Piacenza tra il 2011 e il 2017, con i dati delle 880 registrazioni di arresto cardiaco contenute nella memoria dei defibrillatori dislocati nello stesso territorio. La scelta di Piacenza è facilmente spiegata: «Al pari di Parma - sottolinea il dottor Lazzeroni -, rappresenta una delle zone più inquinate d'Europa dal punto di vista dello smog, e, grazie agli investimenti del Progetto Vita, Piacenza è la città italiana con la più alta densità urbana di defibrillatori nel territorio nazionale».
Il secondo studio ha invece seguito per cinque anni una popolazione di 136 pazienti portatori di defibrillatore impiantabile, che consente di registrare battito per battito ogni aritmia, anche fatale e pertanto responsabile di arresto cardiaco, prima causa di morte al mondo. Pur considerando diverse popolazioni, in lassi differenti di tempo e con differenti modalità di registrazione delle aritmie, i riscontri dei due studi sono sorprendentemente risultati identici: «Il rischio di aritmie fatali - conferma il dottor Lazzeroni - aumenta mediamente del 37-38 per cento nei giorni in cui il livello di inquinamento supera i limiti di sicurezza fissati dall'Organizzazione Mondiale della Sanità e in particolare cresce con l'aumento delle concentrazioni di PM 2,5 e PM 10, indipendentemente dalle soglie d'allarme che, per quanto riguarda l’Unione europea, sono fra le più alte al mondo».
L’ipotesi dei cardiologi è che gli inquinanti inalati aumentino l'infiammazione e l'attività del sistema nervoso simpatico, scatenando un rilascio di catecolamine circolati e sinaptiche, potenzialmente responsabili dell’innesco delle aritmie fatali.
In precedenza altri studi avevano messo in relazione lo smog anche con l'infarto da trombosi coronarica. L’odierno studio congiunto delle università di Parma e Piacenza - presentato al recente Congresso Europeo di Scompenso Cardiaco della Società Europea di Cardiologia (ESC Heart Failure Congress), svoltosi a Madrid - ha avuto una grande eco in molti giornali e siti internazionali, in particolare in decine di quotidiani indiani e cinesi, due Paesi che devono fronteggiare un inquinamento massiccio, specie nelle grandi metropoli.
«È stato sorprendente apprendere che in un solo mese - aggiunge il dottor Lazzeroni (nella foto sotto) - i nostri risultati sono stati pubblicati in 99 testate giornalistiche e soprattutto che sono stati letti da oltre 75 milioni di persone in tutto il mondo. Il nostro studio suggerisce che la transizione verde rappresenti una grande opportunità per salvare non solo il nostro pianeta, ma anche chi lo abita. È quindi estremamente importante – conclude il cardiologo della Fondazione Don Gnocchi - che la politica lavori di pari passo con la comunità scientifica per vincere la battaglia contro l’inquinamento, attraverso cui si potrebbero ridurre di circa il 20 per cento il numero di accessi in pronto soccorso per malattia cardiovascolare».
LEGGI IL COMUNICATO STAMPA DELL'EUROPEAN SOCIETY OF CARDIOLOGY
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