Il progetto - attivato al Centro S. Maria ai Colli -... (Leggi tutto)
È lusinghiero l’interesse della comunità scientifica internazionale ai risultati dei due studi presentati dal gruppo di ricerca in ambito cardiologico del Centro “S. Maria ai Servi” di Parma della Fondazione Don Gnocchi al Congresso della Società Europea di Cardiologia sullo Scompenso Cardiaco (ESC Congress Heart Failure 2021) svoltosi nei giorni scorsi.
I due lavori – condotti e ideati dal dottor Davide Lazzeroni (nella foto), con il coordinamento del professor Paolo Coruzzi e in collaborazione con l’Università degli Studi di Parma, con l’obiettivo di migliorare prassi e conoscenze nell’ambito della riabilitazione cardiologica - sono tra i cinque più visti (in prima e quarta posizione) tra i quasi 900 studi internazionali presentati nell’ambito del congresso.
Il primo lavoro - dal titolo “Dall'ipertensione arteriosa all'ipertrofia ventricolare sinistra e allo scompenso cardiaco: ruolo del test da sforzo cardiopolmonare nello scompenso cardiaco con valutazione dei pazienti con frazione di eiezione conservata” - dimostra l’esistenza di specifici meccanismi alla base della dispnea (fiato corto) durante l’attività su base cardiaca pur in assenza di disfunzione di contrattilità del cuore. «Auspichiamo che questo lavoro possa aprire allo studio di nuovi parametri indagabili solo durante lo sforzo – spiegano gli autori – per migliorare l’accuratezza della diagnosi di scompenso cardiaco, attualmente non semplice, in pazienti con ipertensione arteriosa».
Il sito del congresso con i lavori della Fondazione tra gli studi più visti
Il secondo lavoro - dal titolo “Funzione autonomica e sensibilità baroriflessa nella Sindrome di Takotsubo molto dopo la fase acuta” - indaga l’ancora misterioso rapporto tra cuore e mente in soggetti con una storia di infarto miocardico senza malattia delle coronarie a seguito di un intenso stress acuto (Sindrome di Takotsubo o Sindrome da Cuore Spezzato).
«Sebbene sia noto da secoli che un dispiacere, sia esso di natura affettiva, relazionale o lavorativa, può arrivare a “spezzare il cuore” – spiega il dottor Davide Lazzeroni -, la cardiologia moderna è arrivata a coglierne i principali meccanismi solo agli inizi degli anni Novanta, quando un cardiologo giapponese, il dottor Sato, ha descritto per la prima volta una curiosa deformazione cardiaca indotta da forti stress emotivi in grado di far assumere al cuore la forma del vaso (tsubo) utilizzato dai pescatori giapponesi per la pesca del polipo (tako)».
Il legame tra cuore e mente nel disegno della studentessa Martina Zinelli
Il lavoro del dottor Lazzeroni dimostra che alcuni meccanismi che intimamente legano il cuore alla mente, attraverso il sistema nervoso autonomo, perdurano dopo l’evento stressante.
«L’obiettivo è ora quello di individuare strategie di prevenzione di recidive attraverso il miglioramento del sistema nervoso autonomo – aggiunge il cardiologo della Fondazione -. Tale miglioramento potrebbe giovarsi di terapie farmacologiche a lungo termine, ma soprattutto di terapie non farmacologiche come l’attività fisica aerobica, potente e fisiologico modulatore positivo di tale sistema, e un opportuno supporto psicologico».
Prendersi cura di corpo e psiche, come insegnava la medicina degli antichi, potrebbe quindi essere la chiave per ristabilire un corretto equilibrio nel rapporto cuore-mente per un’efficace riabilitazione dopo un infarto da stress emotivo.
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