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Riabilitare il corpo, ma anche lo spirito. La cura delle ferite insieme a quella dell’anima e delle relazioni. Sono passati 75 anni, ma al Centro “S. Maria ai Servi” di Parma della Fondazione Don Gnocchi l’obiettivo di fondo è lo stesso: «Un percorso di cura fatto di professionalità e di umanità insieme». Con questa consapevolezza sono stati festeggiati nei giorni scorsi i 75 anni di attività della struttura ed è stato commemorato don Carlo Gnocchi, nella ricorrenza del quindicesimo anniversario della sua beatificazione.
I primi passi del Centro di Parma nell’immediato dopoguerra sono stati rievocati con una particolare sottolineatura della pragmaticità, spiritualità e grandissima attualità della figura del beato don Carlo, durante la Messa presieduta in Duomo dal vescovo monsignor Enrico Solmi, che ha visto la partecipazione dei vertici della Fondazione Don Gnocchi, responsabili, operatori, ospiti e amici della Fondazione, insieme ad alpini e autorità locali.
Immagini della celebrazione eucaristica in Duomo, presieduta dal vescovo mons. Enrico Solmi
Durante l’incontro pubblico al Centro “S. Maria ai Servi” (moderato da Claudio Rinaldi, direttore della Gazzetta di Parma) è stata ripercorsa la storia di questa presenza in città, unitamente al grandissimo impegno che le ha permesso di crescere significativamente in questi 75 anni: «Siamo di fronte a un traguardo significativo per una delle prime strutture dell’Opera del beato don Gnocchi - ha sottolineato don Vincenzo Barbante, presidente della Fondazione Don Gnocchi -. Era un attrezzato centro chirurgico e venne affidato dallo Stato a don Carlo nel luglio del 1949. Fu un passo determinante nel disegno di don Carlo, perché prendere possesso dell’istituto di Parma volle dire avere le chiavi di volta dell’assistenza ai mutilatini di guerra, che lì sarebbero dovuti passare per la sistemazione chirurgico-protesica. Ripensare al passato è emozionante. Oggi la struttura è cambiata, ma non si è perso l’obiettivo di fondo: una sanità capace di aiutare la comunità mettendo insieme competenza e compassione».
Immagini dall'incontro pubblico al Centro "S. Maria ai Servi" per rievocare il significativo anniversario
«La Fondazione ha diverse strutture in Italia e quella di Parma rappresenta l'evoluzione, la capacità di cambiare per rispondere alle esigenze della città e del territorio - ha aggiunto Francesco Converti, direttore generale della Fondazione -. Questo è un Centro di eccellenza dove si svolge attività di cura e di ricerca di massimo livello, ma dove non viene mai a mancare anche il lato profondamente umano».
«Al centro ci sono professionalità e umanità - gli ha fatto eco Fabio Carlotti, direttore dell'Area Centro della Fondazione -. Grazie agli operatori, ai medici, agli infermieri, le persone si sentono veramente accompagnate». Un percorso fatto di “risposte concrete”: «Attraverso il nostro impegno, garantiamo alla comunità di esserci sempre - ha ribadito Giuseppe Schirripa, direttore sanitario del Centro “S. Maria ai Servi” -. Questo grazie alla nostra offerta di servizi, ma anche con la vicinanza, la disponibilità, la gentilezza. Non si parla solo di riabilitazione del corpo, ma anche dell'anima e della cura delle relazioni».
Scatti dall'archivio sulla storia del Centro "Don Gnocchi" di Parma, acquisito da don Carlo nel 1949
Se si è però giunti ai livelli attuali, è grazie alla tenacia messa in campo sul finire degli anni ’40 da don Gnocchi in persona, come ha ricordato attraverso alcune letture Emilio Zucchi, poeta e giornalista della Gazzetta di Parma, insieme ad alcuni ex-operatori della struttura: nel dicembre 1948 don Gnocchi scriveva all’arcivescovo di Milano, cardinale Ildefonso Schuster, di una certa «struttura di Parma» dedicata all'ambito chirurgico-protesico, capace di aiutare i bambini e i giovanissimi mutilati della guerra. Struttura che per «mancanza di personale, costi ingenti di gestione e disordini amministrativi» non riusciva più a «continuare nell'impresa». Così, aggiungeva don Carlo, chiedendo consigli al suo arcivescovo, «ho iniziato alcune trattative per l'assunzione dell’istituto».
E quanto avrebbe potuto essere centrale nel disegno della Federazione è uno specchietto allegato, dove l’Istituto di Parma è il cuore di un fiore con ai petali le allora strutture di Milano (“indirizzo scolastico”), Roma (“ciechi e supermutilati”), Pessano (“indirizzo agricolo”), Passo dei Giovi (“casa di montagna”), Inverigo (“per bambine mutilate”), Erba (“cure post-operatorie”). Non tutto andò esattamente in questa prospettiva, ma l’Istituto di Parma - ospitato tra le mura cinquecentesche dell’ex convento dei Servi di Maria e dotato soprattutto di un reparto di chirurgia ortopedica all’avanguardia in quegli anni - fu comunque affidato all’Opera di don Carlo nel luglio del 1949.
Il presidente della Fondazione don Vincenzo Barbante e il poeta e giornalista della Gazzetta Emilio Zucchi
Come hanno raccontato Giuseppe Dello Russo, Antonio Franceschetti e Claudio Rovacchi, ex allievi e dipendenti del Centro, quelle stanze erano molto di più di un luogo di assistenza e di cura. C’erano anche le vacanze estive per “riprendersi dal caldo della città”, fino ai gruppi di riflessione e ai momenti di svago. Per i giovani ospiti erano state poste le basi di un esperimento pedagogico ed educativo all’avanguardia, visto che iniziavano da piccoli la riabilitazione, ma poi non venivano abbandonati. Per molti si avviavano percorsi di autonomia abitativa e anche percorsi di inclusione e inserimento lavorativo all'interno delle aziende: in prima linea da sempre Barilla, che ha permesso ai tanti giovani con disabilità di riprendere in mano la propria vita ed essere autonomi.
La ricerca scientifica, infine, ha da sempre ha caratterizzato la visione del Centro e della Fondazione Don Gnocchi: «Una realtà che è sempre stata un punto di riferimento anche scientifico e che ha saputo fare scuola per tanti chirurghi e professionisti - ha spiegato Davide Lazzeroni, cardiologo, referente dell'area ricerca del Centro di Parma -. Le due direttive della ricerca erano legate alle protesi, ma anche alla sfera psicologica: si guardava già al futuro…».
Per comprendere a fondo la storia del Centro – che accolse da subito i mutilatini di guerra e, in seguito, bambini colpiti dalla poliomielite e da altre patologie dell’infanzia - va messo in evidenza lo straordinario rapporto tra i Fratelli delle Scuole Cristiane, eredi del carisma di san Giovanni Battista De La Salle, e lo stesso don Gnocchi. La prima figura che va ricordata è quella di fratel Beniamino Bonetto che, pur non avendo mai diretto il Centro, è colui che definì fin dall’inizio il progetto educativo e formativo dei piccoli ospiti. Nei primi anni fu soprattutto lui a infondere quell’entusiasmo condiviso con don Carlo, che permise il consolidamento e i successi dell’allora Collegio.
Il primo direttore fu fratel Abele Morello, sostituito dopo pochi mesi da fratel Crescenziano Quattrocchio, che pure rimase a Parma solo un anno. Fu fratel Adesio, alla guida del Centro dal 1950 al 1959 a spendere le proprie energie per realizzare concretamente il progetto nel suo insieme, definendo la ristrutturazione degli spazi, completando la costruzione delle sale operatorie e delle officine per le protesi, chiamando chirurghi e medici affermati. Era affiancato da fratel Pietro, fratel Nicola, fratel Edesio e molti altri cui erano affidati i mutilatini e i poliomielitici. A fratel Adesio subentrò nel 1959 fratel Tullio Panizzoli, che fu direttore dal 1959 al 1965 e successivamente fratel Bertrando Garavelli, fratel Gabriele Pomatto e fratel Lorenzo Ajmone, ciascuno dei quali si fermò a Parma circa tre anni, fino al 1975. Fratel Felice Proi avviò il processo di trasformazione del Centro, favorendo contestualmente l’inserimento degli allievi nel mondo del lavoro e nel sociale. Toccò poi a fratel Guglielmo Pavesio - figura storica, della quale è tuttora vivo il ricordo in città e nella Fondazione, direttore a Parma dal 1981 al 2004 - il compito di completare il passaggio storico da collegio per i mutilatini e i poliomielitici a Centro di riabilitazione.
Uno scorcio della struttura e attività di oggi al Centro di Parma della Fondazione Don Gnocchi
Dalla metà degli anni Settanta, la struttura aveva infatti esteso il proprio intervento anche ad altri bisogni emergenti in ambito riabilitativo, occupandosi di pazienti con esiti di patologie cerebrovascolari e ortopediche e aprendo, nel tempo, unità di degenza per adulti per la riabilitazione delle principali patologie croniche e invalidanti di natura cardiovascolare, neurodegenerativa e ortopedica, anche a livello ambulatoriale e domiciliare.
Oggi al Centro “S. Maria ai Servi” sono attive l’Unità di prevenzione e riabilitazione cardiovascolare, l’Unità di Riabilitazione Intensiva ortopedica e neurologica (pazienti con lesioni cerebrali vascolari, patologie ortopediche) ed Estensiva e un Day Hospital riabilitativo. È inoltre presente un poliambulatorio specialistico, che eroga servizi di diagnostica ambulatoriale, sia di specialistica medica che strumentali, tra cui uno “Sportello Parkinson”. Vengono inoltre erogate prestazioni riabilitative ambulatoriali e organizzati corsi di attività fisica specifica. Sono presenti un Servizio di Neuropsichiatria e Riabilitazione dell’Età Evolutiva e il SIVA-Servizio Informazioni e Valutazione Ausili.
Afferisce alla struttura anche il Centro Territoriale di Prevenzione Cardiovascolare Primaria e Secondaria, aperto in città in collaborazione con l’ASL di Parma, l’Azienda Ospedaliero-Universitaria e l’Università degli Studi.
Il Centro “S. Maria ai Servi” dispone complessivamente di 90 posti letto, con 123 dipendenti. Nel 2023 i pazienti complessivamente assistiti fra degenze, ambulatori e day hospital sono stati 26.652 e le prestazioni ambulatoriali complessive sono state 66.790. Il Centro è accreditato dalla Regione Emilia Romagna ed eroga l’ampia gamma di prestazioni riabilitative sia in convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale che in regime di privato sociale, grazie a uno staff multidisciplinare altamente specializzato capace di coniugare la massima professionalità ad un'accoglienza che fa sentire il paziente come a casa.
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