I riconoscimenti – grazie al generoso contributo dell’Ana... (Leggi tutto)
Si svolgeranno oggi, lunedì 9 dicembre, nella parrocchia San Pio X di Cinisello Balsamo, i funerali di Amabile Battistello, 85 anni, la ragazzina che settant’anni fa ricevette una delle cornee che don Carlo Gnocchi – con un gesto allora fuorilegge – dispose fossero trapiantate a due mutilatini per restituire loro la vista. Alle esequie ha partecipato anche una rappresentanza della "Don Gnocchi": la cerimonia funebre, presieduta dal parroco don Andrea Gilardi e dal decano don Federico Bareggi, è stata concelebrata da don Vincenzo Barbante e monsignor Angelo Bazzari, presidente e vicepresidente della Fondazione. Amabile e Silvio Colagrande, l’altro ragazzino beneficiato dal generoso dono del “padre dei mutilatini”, erano stati prescelti per scoprire in piazza Duomo a Milano, il 25 ottobre 2009, l’urna con il corpo di don Gnocchi al momento della proclamazione della beatificazione.
Amabile Battistello il giorno della beatificazione di don Gnocchi. A fianco, nei giorni successivi al trapianto
«Ero ragazza e avevo già sperimentato l’amarezza di non poter realizzare il mio futuro come l’avevo sempre sognato – aveva raccontato Amabile nel corso di un’intervista rilasciata proprio in quei giorni -: studiare fisica, esercitare una professione, avere una famiglia e dei figli. Nelle mie condizioni di non vedente tutto questo sarebbe stato inconcepibile. Credo tuttavia che il mio incontro con don Carlo sia stato “preparato” nel periodo più tragico della sua esperienza pastorale, durante la campagna di Russia tra gli alpini, mentre io, ignara della sua esistenza, accompagnata da uno zio partivo dal mio paese Cusano Milanino per bussare alla porta del professor Cesare Galeazzi, direttore dell’Oftalmico di Milano, affinché facesse qualcosa per ridarmi la vista».
All’amico professor Galeazzi don Carlo si rivolse in punto di morte, facendosi promettere il trapianto, allora proibito in Italia: «Una domenica di febbraio del 1956 – ricordò il chirurgo nella deposizione al processo di canonizzazione – mi chiamò una suora della clinica Columbus: “Professore venga subito, don Carlo ha chiesto di lei”. Quando lo vidi, giaceva nel letto, sotto la tenda ad ossigeno, il viso esangue, le belle mani stanche e bianche: “Cesare, ti chiedo un grande favore, non negarmelo: fra poche ore io non ci sarò più: prendi i miei occhi e ridona la vista a uno dei miei ragazzi, ne sarei tanto felice. Promettimelo, io ti ringrazio. Addio...”. Non dimenticherò mai quegli attimi di stravolgente commozione: non ricordo nemmeno che cosa dissi, so che piangevo e so che promisi».
Tra i mutilatini ospiti al Centro di Roma della Pro Juventute, dove era attiva una scuola con metodo Braille, il professor Galeazzi trovò idoneo solo Silvio Colagrande, che aveva 12 anni. Per il secondo trapianto, scelse allora tra i propri pazienti Amabile Battistello, di 17 anni, l'unica resasi disponibile in quelle ore.
Amabile e Silvio qualche anno dopo il trapianto. A destra, la donna con il presidente onorario della Fondazione monsignor Angelo Bazzari
«Ogni volta che tornavo da lui – raccontava Amabile - ripeteva sempre la medesima frase, quasi il ritornello di una triste filastrocca, diventata ormai noiosa: “Per curare lesioni corneali come la tua serve un trapianto, ma i tempi non sono maturi e la scienza è ancora indietro. Abbi pazienza e fidati di me: un giorno lo faremo e tu guarirai”, mi diceva con tono paterno e voce pacata e sicura. Mi domando ancora se fosse ispirato da un presentimento arcano o pronunciasse quelle parole soltanto per farmi coraggio. Ma i fatti gli hanno dato ragione».
«I due trapianti – raccontò ancora Galeazzi - non ebbero complicazioni. Il lembo innestato venne protetto da un dischetto di pelle d'uovo sterilmente preparato e tenuto in sito da due anse di filo incrociato. Il decorso post-operatorio fu ottimo per entrambi i pazienti, avvolto solo da un clima di grande clamore per quanto era avvenuto. I due ragazzi furono visitati anche dal cardinale Montini, anch’egli amico di don Carlo e successivamente divenuto Papa Paolo VI».
Amabile e Silvio scoprono l'urna con il corpo di don Gnocchi alla proclamazione della sua beatificazione
«Il giorno in cui mi tolse le bende dagli occhi e mi fece guardare verso un luogo lontano e io individuai una finestra aperta - continua il racconto di Amabile -, il professor Galeazzi pianse. Poi accese un registratore, azionò un pulsante e la voce debole e sofferente, ma serena di don Gnocchi incisa su nastro dallo stesso medico, pronunciò le frasi che non scorderò mai: “Cari amis, ve raccomandi la mia baracca… E tu, professor Galeazzi, devi promettermi che alla mia morte prenderai questi occhi e li utilizzerai affinché due ragazzi possano vedere. È tutto quello che mi resta da dare ancora!”. Era la sua voce, che per me non aveva ancora un volto. Volli ascoltarla tante volte, fino a imprimermi nella mente quel timbro sofferente, ma deciso. Riascoltandola insieme a me, il professor Galeazzi più volte si asciugò le lacrime che gli scendevano sul viso. Il professor Galeazzi gli aveva detto il mio nome, me lo confermò lui stesso: a me sembrò un grande onore che un uomo così santo conoscesse quel poco di me. Fu così, senza incontrarci, senza conoscerci, che da quel giorno don Gnocchi cammina insieme a me».
Oggi, attorniata dai familiari e conoscenti, l'ultimo tratto terreno di un abbraccio destinato a non finire.
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