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«La misericordia di Dio non è solo un farsi vicino di Gesù. La misericordia rende misericordiosi, l’amore rende capaci di amare. La giornata del malato è giornata di preghiera perché ci sia sollievo per chi soffre; è giornata di grazia perché in ogni condizione, sani o malati, anziani o giovani, poveri e ricchi, tutti accolgano l’amore che rende capaci di amare, di essere misericordiosi come il Padre celeste è misericordioso».
Sono parole di monsignor Mario Delpini, arcivescovo di Milano, nella Liturgia della Parola di questa mattina, venerdì 11 febbraio, al santuario milanese del beato don Carlo Gnocchi (nella foto), in occasione della XXX Giornata Mondiale del Malato, memoria liturgica della Beata Maria Vergine di Lourdes.
L’incontro con l’arcivescovo è stato trasmesso in diretta streaming sui canali della Fondazione (clicca qui per rivedere l’incontro), con la partecipazione di ospiti, operatori e volontari della Fondazione Don Gnocchi e di altre strutture socio-assistenziali e sanitarie della diocesi ambrosiana. Presenti, tra gli altri, anche il presidente della Fondazione don Vincenzo Barbante, il presidente onorario monsignor Angelo Bazzari, il rettore del Santuario don Maurizio Rivolta, e l’assistente spirituale del Centro “Vismara-Don Gnocchi” di Milano don Mauro Santoro.
Mons. Delpini accolto dal presidente don Vincenzo Barbante e dal direttore generale Francesco Converti
La riflessione dell’arcivescovo ha fatto leva in particolare su tre figure simbolo di persone ammalate e familiari presenti nella realtà di tutti i giorni, riconducendole al tema di questa giornata: «Il signor Luigi – ha sottolineato monsignor Delpini - da quando sua moglie si è ammalata gravemente e soffre stenta a riconoscere le persone care e ha bisogno di aiuto per tutto, è arrabbiato con Dio e non va più in chiesa, neanche la domenica. Coltiva un profondo risentimento: è convinto di subire una ingiustizia, un castigo che non ha meritato. La signora Marina, invece, da quando la figlia si è ammalata gravemente e tenta tutte le cure senza trarne miglioramento, è tornata ad andare in chiesa, a pregare un po’ ogni giorno. Non era mai stata molto devota, ma adesso che vede la figlia malata e angosciata continua a pregare. "Ho imparato a fidarmi di Dio: Lui ci aiuterà”».
La terza figura ricordata dall’arcivescovo è il giovane Giorgio: «Giorgio è sempre stato un ragazzo irrequieto. Va all’Università più per fare amicizia e per farsi ammirare dalle ragazze che per studiare. Eppure riesce bene anche negli esami. Quando si è ammalato sembrava che il mondo crollasse e che la disperazione lo trascinasse nell’abisso. Invece Giorgio ammalato si è accorto di essere vivo; ha scoperto che la sua solitudine è abitata da Dio e si è accorto di essere capace di seminare gioia anche in ospedale».
Dai dolori, gioie e speranze di questi casi concreti di vita, monsignor Delpini ha preso spunto per tratteggiare il significato più profondo della ricorrenza: «Nella giornata dell’ammalato – ha detto -, noi non pensiamo agli ammalati, ma al signor Luigi, alla signora Marina, al giovane Giorgio. Pensiamo alle persone che conosciamo, una per una, ciascuno con il suo volto, la sua storia, le sue domande, i drammi e le rivelazioni. L’opera di Dio è misericordia: presenza amorevole per chi lo invoca e anche per chi non lo invoca, per chi lo conosce e per chi non vuole conoscerlo. Dio è misericordia: potenza che salva condividendo la sofferenza di chi soffre, la notte angosciosa della prova, la tenace fedeltà nell’amore».
Nella malattia, ha concluso l’arcivescovo, rivolgendosi a tutti i malati della diocesi, alcuni vivono un sentimento di ingiustizia, come se una potenza misteriosa e cieca volesse punirli, altri sperimentano la vicinanza misericordiosa di Dio che vuole salvarli:
«Coloro che si lasciano raggiungere dalla misericordia di Dio – è il suo pensiero di chiusura, riprendendo il messaggio inviato dal Papa per questa giornata - possono essere trasfigurati, secondo la parola del Vangelo: siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso».
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