Approvati e finanziati i nuovi progetti di accompagnamento... (Leggi tutto)
di Vincenzo Barbante
presidente Fondazione Don Gnocchi
L’estate tradizionalmente porta con sé, oltre al caldo e a giornate più lunghe, la possibilità per molti di uno stacco dalle normali attività, un tempo di svago o di riposo. Si tratta di un’occasione per ritrovare sé stessi o la propria famiglia al di fuori dei ruoli consueti. A volte si cercano opportunità per fare esperienze nuove o nuove conoscenze, per intraprendere un viaggio destinato a diventare memorabile. La vacanza porta in sé un concentrato di attese, di desideri e anche per chi, per vari motivi, non può goderne è sinonimo di libertà: libertà dalla routine e dai problemi quotidiani, dalle cronache del mondo.
Certo alcuni non riescono a sfruttare questo tempo così singolare mettendo da parte lo stress, ma riescono a riempire di nuovo affanno e iperattivismo, di invadenti frastuoni, anche giorni che potrebbero essere destinati alla distensione e alla pace. Come sarebbe bello riuscire davvero a godere di questo spazio di libertà per assaporare il tempo, quello della propria vita, abbandonarsi alla vista dell’orizzonte, alzare finalmente lo sguardo e riscoprire quel cielo troppo spesso dimenticato, sotto il quale, come dicevano gli antichi, “tutto scorre”. Tuttavia, questo per i più non accade e ci si accontenta di una semplice fuga dall’ordinario.
La verità è che, per quanto possiamo cercare di sottrarci, la realtà ci aspetta e bussa alle nostre coscienze. Considerando le grandi potenzialità che l’umanità può vantare e le infinite, incredibili e a volte intollerabili contraddizioni che la caratterizzano, motivo per molti di disagio, insofferenza, insoddisfazione (per usare degli eufemismi), sarebbe bello che questo desiderio di fuga si trasformasse in un’occasione per un viaggio interiore, per riprendere in mano la propria vita e fare il punto rispondendo alla domanda: «Dove sto andando realmente?».
«L’uomo è un pellegrino, malato di infinito, incamminato verso l’eternità». Queste parole di don Carlo rappresentano ogni uomo in marcia “nella sua personale trascendenza”, chiamato a dare compimento alla propria esistenza, «purché non si lasci stancare dalla lotta, purché si opponga alla sclerosi progressiva o causata dagli anni e dalle delusioni della vita, purché dia ogni giorno un tratto alla costruzione del suo capolavoro».
Perché in questo tempo non alzare allora gli occhi verso quel cielo stellato per ritrovare la strada, il gusto e le energie per affrontare il cammino, per dare davvero consistenza e realizzare la libertà che ci è stata data? «La libertà è un dono mirabile, prezioso, ma estremamente rischioso e impegnativo, non per questo si può rinunciarvi… a favore del miglior offerente, è un privilegio che viene direttamente da Dio e Dio stesso ci chiederà strettissimo conto dell’uso che ne abbiamo fatto» (sempre don Carlo Gnocchi).
Per una entità fatta di persone come la nostra Fondazione, che condividono un sogno, una missione, queste parole rappresentano una costante esortazione a metterci in ascolto e a servizio dell’umanità e in particolare di quella parte dell’umanità per la quale anche l’estate mantiene tutto quel carico di sofferenza che non va mai in vacanza. Non si tratta solo di porre attenzione a quanti abitano o visitano le strutture sanitarie o assistenziali loro riservate, ma anche a tutta quella parte di umanità che resta con le proprie fragilità, inascoltata e sola, spesso tra l’indifferenza generale. Don Carlo diceva: «Non esiste neutralità dove sono in gioco le sorti anche di un solo uomo».
Il tempo presente ci spinge ad operare con determinazione delle scelte coraggiose, a promuovere un serrato confronto con il mondo politico a tutti i livelli, nazionale e regionale, per offrire, laddove è ancora possibile, un contributo di idee ed esperienza, circa gli orientamenti adottati o in corso di adozione nel campo delle riforme dell’assistenza alle persone cronicamente fragili, anziani o disabili, oppure della sanità che si vorrebbe maggiormente prossima ai bisogni della popolazione.
Per quanto riguarda noi direttamente, non possiamo che proseguire nello sforzo avviato di incrementare la ricerca scientifica di Fondazione perché sia sempre di più adeguata a corrispondere alle esigenze di cura di chi ha bisogno, mettendo a frutto le risorse messe a disposizione a questo scopo dallo Stato, come quelle provenienti dal PNRR, e da privati, prevalentemente benefattori.
Nel fare questo, ci pare doveroso dedicare attenzione a quelle aree del nostro Paese più bisognose di investimenti materiali e umani come il sud dell’Italia, in continuità con l’intuizione e la scelta operata a suo tempo da don Carlo stesso quando aprì il Centro di Salerno, rilanciando proprio in quel territorio servizi di qualità e opportunità per lo sviluppo della ricerca scientifica.
Ma non basta. C’è una domanda di cura legata alla crescente fragilità sociale che resta senza risposta, In altre parole, chi è povero rinuncia alle cure. Né vanno dimenticati quanti vivono nella solitudine la precarietà della propria condizione, soprattutto gli anziani. Questa situazione chiede a tutti noi, come Paese e come Chiesa, l’adozione di provvedimenti e interventi immediati con i quali garantire realmente l’accessibilità ai servizi sanitari e socio assistenziali e un’autentica presa in carico delle persone socialmente e fisicamente più deboli.
Ma sotto il nostro cielo c’è dell’altro. Dobbiamo e possiamo insistere nel gettare segni di speranza in quelle aree del mondo, nelle quali sentiamo la responsabilità di andare oltre l’emozione di un momento che suscitano drammi di vario genere, come la guerra. Noi ci stiamo provando a “fare qualcosa”, sostenendo, per esempio, il progetto della “Casa della Misericordia” a Čortkiv, in Ucraina, o altre iniziative avviate da tempo in Ecuador, in Bolivia, in Bosnia e….
L’impegno e la professionalità dei nostri operatori, la generosa disponibilità e collaborazione dei volontari, l’entusiasmo dei giovani del servizio civile, anche in questa estate così calda rafforzano il nostro convincimento che il viaggio intrapreso da don Carlo e con don Carlo, la missione che ci ha affidato, per costruire un’umanità veramente tale è possibile. Questa è la meta.
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