Il progetto - attivato al Centro S. Maria ai Colli -... (Leggi tutto)
In Italia sono circa 600 mila le persone affette dal morbo di Alzheimer, la più comune patologia degenerativa progressivamente invalidante, che colpisce in particolare dopo i 65 anni causando la perdita di neuroni nel sistema nervoso centrale. Non sono ancora noti i motivi specifici per cui alcuni anziani sviluppano la malattia, anche se pare evidente l’interazione tra fattori genetici, immunologici e ambientali.
Tra questi, sembra avere un ruolo fondamentale la presenza dell’Herpes Simplex (HSV-1), il virus che provoca soprattutto infezioni nella regione della bocca e del viso. Diversi studi hanno suggerito come, in associazione con determinati assetti genetici e immunologici, tale infezione – che di per sé non causa certamente l’Alzheimer - possa essere un fattore di rischio per l’insorgenza della malattia.
Andrea Saul Costa e Simone Agostini dell'IRCCS "Don Gnocchi" di Milano
La rivista scientifica internazionale Journal of Translational Medicine ha pubblicato nelle scorse settimane i risultati di uno studio svolto dal Laboratorio di Medicina Molecolare e Biotecnologie del Centro IRCCS “Don Gnocchi” di Milano (“Relation between FCGRIIB rs1050501 and HSV-1 specific IgG antibodies in Alzheimer’e desease”).
I ricercatori della Fondazione - Andrea Saul Costa, Simone Agostini, Franca Rosa Guerini e Roberta Mancuso, coordinati dal professor Mario Clerici e in collaborazione con il professor Janardan P. Pandey dell’Università di Charleston, in South Carolina (USA) – hanno focalizzato l’attenzione sulla possibile correlazione tra le variazioni genetiche del recettore umano FCGRIIB e una proteina coinvolta nella risposta immunitaria specifica ad HSV-1. Lo studio ha riguardato una popolazione di 225 pazienti affetti da Alzheimer, 93 soggetti in MCI (Mild Cognitive Impairment, stadio intermedio tra un soggetto sano e un soggetto malato, nel quale le facoltà mentali risultano deficitarie anche se non compromettono il normale svolgimento di attività quotidiane) e 201 persone sane.
I risultati hanno evidenziato che i livelli anticorpali anti HSV-1 sono significativamente più alti nei pazienti con Alzheimer rispetto ai soggetti sani, suggerendo come l’interazione tra assetto genetico del gene FCGRIIB e risposta umorale specifica per HSV-1 possa avere un ruolo nello sviluppo della malattia.
Riuscire a capire quali possano essere i fattori di rischio per lo sviluppo della malattia potrà essere fondamentale per identificare in maniera precoce i sintomi di Alzheimer e approntare in tempo una terapia personalizzata per il paziente.
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