Il progetto - attivato al Centro S. Maria ai Colli -... (Leggi tutto)
«Questo matrimonio s’ha da fare!».
Ci sono casi in cui le avversità sembrano accanirsi con diabolica cattiveria contro le persone. Ma poi ecco l’amore, capace di sprigionare una forza talmente grande da infrangere ogni destino avverso. Come nella storia di Renzo e Lucia, con il prepotente di turno a far di tutto per impedire le nozze, così nella storia di Sandra ed Ettore la malasorte e gli eventi hanno sembrato non lasciare loro scampo.
E invece, dopo quasi otto anni di rinvii dovuti a cause indipendenti dalla loro volontà, nei giorni scorsi si è finalmente coronato il loro sogno d’amore. Nella cappella del Centro IRCCS “Don Gnocchi” di Firenze, il cappellano don Mario li ha uniti in matrimonio, attorniato - oltre che dagli stessi sposi - dai familiari e da una nutrita schiera di operatori della struttura, che per oltre sei mesi sono stati la loro nuova famiglia.
Ettore dal 3 gennaio è ricoverato all’Unità Gravi Cerebrolesioni Acquisite del Centro fiorentino in seguito ad un ictus devastante e lei, Sandra, affermata professionista, non lo ha mai abbandonato, tranne che nei mesi di stretto isolamento per coronavirus.
Un matrimonio fermamente voluto, ma sempre forzatamente rinviato: nel dicembre dello scorso anno, il grave malore di Ettore ha fatto temere la parola fine ad ogni progetto di vita insieme.
E invece, contro ogni previsione, l’ingresso nel moderno IRCCS di riabilitazione ha dato il via a una lenta ma costante risalita, con un recupero fisico dell’uomo del tutto inatteso, alimentato dall’amore della compagna e dalla fortissima volontà di entrambi di non darsi per vinti. Finalmente, poche settimane fa, usciti anche dall’isolamento della pandemia - ulteriore motivo di ritardo - la decisione repentina di non aspettare più e di celebrare l’agognato matrimonio proprio nella struttura fiorentina.
«Era fondamentale per noi celebrarlo nella cappella del Centro - racconta Sandra - perché nella struttura della Fondazione il nostro matrimonio ha assunto un senso diverso: in questo luogo siamo come rinati e una cosa bellissima come questa non potevamo non condividerla con chi l’ha resa possibile: è con loro, con gli operatori del reparto, con queste persone che si sono coinvolte nella nostra storia, che abbiamo voluto celebrare il nostro matrimonio. Mio marito qui è diventato quasi una mascotte, qui siamo di casa: solo qui potevamo sposarci».
Tanto forte è il legame con le persone della struttura, che gli sposi hanno voluto come testimoni Daniela e Francesca, rispettivamente fisioterapista e logopedista, che hanno seguito Ettore in questo percorso di recupero.
E la loro gratitudine, Sandra ed Ettore hanno voluto scriverla anche sul libretto della liturgia: «In questo giorno per noi di gioia assoluta, ringraziamo tutti coloro che hanno reso possibile realizzare il nostro sogno di sempre. Ci hanno offerto il riparo amorevole per questo nostro nuovo inizio. Ci hanno accompagnati idealmente tutti a questo momento, testimoni veri del nostro grande amore… Mai scontati e mai assenti nel partecipare alla nostra vita e al nostro amore, proteggendoci entrambi. Speriamo che questo nostro meraviglioso amore possa sempre ricordare loro l’importanza del loro fare, del loro sapere, del loro essere».
Parole sentite, che hanno toccato nel profondo, come la cerimonia, partecipata con emozione e grande coinvolgimento dai presenti, tutti protagonisti e non solo semplici spettatori.
Parole a cui ha risposto Roberto Pupillo, direttore sanitario del Centro “Don Gnocchi”: «Il gesto di Sandra ed Ettore è un messaggio di rara sensibilità e generosità, rivolto agli operatori del reparto per gravi cerebrolesioni in particolare ma, in via indiretta, destinato a tutto il personale di struttura. In questo modo hanno voluto sottolineare quanto indispensabile, necessario, vitale e nobile possa essere il riuscire a mostrare questo senso di prossimità e di vicinanza affettiva al paziente e a chi lo assiste da vicino nel lavoro di tutti i giorni, in ogni singolo atto di assistenza e cura. Perché una medicina e una sanità che non sanno più consolare e assistere il paziente e la sua famiglia con senso di umana prossimità, vengono meno al loro compito primario e istituzionale».
Sandra ricorda bene quando decisero insieme di sposarsi davanti a Dio, diversi anni fa: «Tutto fu deciso quando leggemmo un breve testo; non so di chi fosse, ma era intitolato “Lettera di Dio ai fidanzati”. Fu come un’illuminazione, parole che ci sono entrate dentro al punto da rendere la nostra decisione definitiva».
Parole che dicevano così: “Col tuo amore potrai fare molto per lei, ma è sempre troppo poco. Io ti rendo invece capace di amare da Dio. È questo il mio dono di nozze: un supplemento di amore che trasforma il tuo amore di creatura e lo rende capace di produrre le opere di Dio nella donna che ami. Sono parole per te misteriose, ma le capirai un poco alla volta. Ti assicuro che non ti lascerò mai solo in questa impresa. Sarò sempre con te e farò di te lo strumento del mio amore, della mia tenerezza; continuerò ad amare la mia creatura, che è diventata tua sposa, attraverso i tuoi gesti d’amore, di attenzione di impegno, di perdono, di dedizione. In una parola: ti renderò capace di amare come Io amo, perché ti darò una forza nuova di amare che è il mio stesso amore”.
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