Il progetto - attivato al Centro S. Maria ai Colli -... (Leggi tutto)
«Nell’agosto del 2019 per un incidente stradale ho subito un trauma cranico e numerose fratture: un istante che mi ha cambiato la vita, come nient’altro avrebbe potuto fare. Da quel giorno mi sono ritrovato ad affrontare difficoltà enormi, come imparare di nuovo a camminare, ma grazie al supporto di medici e terapisti ogni giorno ho fatto progressi, fin quando mi sono ripreso la mia vita». Oggi Matteo - che ha 21 anni e abita a Moie, in provincia di Ancona - può dire che l’incidente è un lontano ricordo: si è diplomato, ha frequentato l’ITS “Industria 4.0” di Fabriano, ha trovato lavoro come programmatore e ha potuto riprendere, con ancora maggiore slancio, la sua grande passione, la pallanuoto, che pratica da quando ha 10 anni.
«Facevo nuoto - ricorda - e un giorno l’allenatore della squadra di pallanuoto mi ha proposto di fare una prova: mi sono divertito e da allora non ho più smesso. Nuotare mi è stato di grande aiuto anche quando ho dovuto fare la riabilitazione dopo l’incidente. Ricordo una volta in piscina a Roma, dove per qualche mese ho fatto riabilitazione dopo le dimissioni dall’ospedale; mi sentivo a mio agio e ho provato a nuotare, a fare qualche vasca: in acqua non serve l’equilibrio e il peso del corpo è quasi annullato e nuotando mi sentivo pienamente me stesso, era come se fossi tornato quello di prima dell’incidente e questa sensazione mi ha dato tanta forza e coraggio. Poi ho fatto riabilitazione in acqua anche al Centro “Bignamini-Don Gnocchi” di Falconara Marittima e nel frattempo ho ripreso la pallanuoto, ma su altri livelli».
Matteo infatti, che nel frattempo ha preso il brevetto di istruttore di nuoto, fa parte della squadra di pallanuoto paralimpica della SS. Lazio, che si è classificata al secondo posto dell’ultimo Campionato italiano ed è già stato “in odore” di nazionale, pronto a spiccare il volo verso traguardi più ambiziosi.
Dietro questi risultati, per certi versi strabilianti, c’è però un grande lavoro di squadra e un paziente cammino riabilitativo affinato e completato nella struttura marchigiana della Fondazione Don Gnocchi, che Matteo ha iniziato a frequentare nei primi mesi del 2020, una volta rientrato a casa. Le tre protagoniste principali di questo recupero sono operatrici del “Bignamini” Annarita Cingolani, medico fisiatra; Giovanna Betti, fisioterapista e Marta Natalucci, logopedista.
Sorge però un imprevisto: fatta la visita fisiatrica e redatto il progetto riabilitativo personalizzato, quando tutto è pronto per iniziare la riabilitazione, l’Italia entra in lockdown e le speranze di recupero per Matteo, come per tanti pazienti che in quel periodo frequentavano le palestre ambulatoriali, sembrano allontanarsi. Invece no, perché l’inventiva e la tecnologia vengono in aiuto e Giovanna e Marta, attraverso video chiamate e una app appositamente sviluppata per la riabilitazione a distanza, possono proseguire il percorso appena iniziato.
«Per l’aspetto logopedico – ricorda Marta Natalucci – si trattava di lavorare sulle funzioni cognitive e il linguaggio: Matteo doveva recuperare la memoria, migliorare nella velocità di risposta agli stimoli e in quel momento aveva un eloquio molto rallentato e qualche difficoltà nell’organizzazione delle frasi».
Per quanto riguarda invece il recupero motorio c’era da lavorare sul cammino e l’equilibrio.
«Ho recuperato molto in quei mesi – aggiunge Matteo – ricordo che avevo diverse difficoltà, mi sembrava di parlare come un automa, ero lento nelle risposte. Avevo attrezzato casa mia come una piccola palestra: avevo preso una cyclette e altri strumenti per fare fisioterapia anche per conto mio. Durante l’estate ho poi ripreso con le terapie in presenza e nel gennaio 2021 sono tornato ancora al “Bignamini”, dopo un intervento per togliermi i ferri dal femore. Ora continuo a tornarci per delle visite di controllo con la dottoressa Cingolani, non cammino ancora bene come prima dell’incidente e l’equilibrio non è ancora a posto del tutto, però sono migliorato tantissimo e anche lo sport mi aiuta tanto, soprattutto dal punto di vista mentale».
«I miglioramenti più significativi si sono visti dal punto di vista linguistico e cognitivo – conferma Marta – e nell’ultima valutazione effettuata, i livelli erano pari a quelli di una persona che non aveva subito traumi e questo non era per niente scontato all’inizio del percorso».
Lo sport è stato ed è sicuramente importante per Matteo: un valido supporto nel momento in cui si trattava di rimettere in sesto il corpo e un aiuto per riprendersi anche mentalmente e moralmente.
Senza escludere un traguardo che assomiglia a un sogno: quello dei cinque cerchi olimpici.
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