Il progetto - attivato al Centro S. Maria ai Colli -... (Leggi tutto)
Gli ultimi dati disponibili sull’aspettativa media di vita in Italia sono di 80 anni per gli uomini e di 85 anni per le donne (fonte Sole 24 Ore), con un rapporto tra anziani e popolazione attiva che nel 2065 si prospetta essere di 60 su 100. Parallelamente prosegue la riduzione del finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale che, secondo la relazione sulla gestione finanziaria delle Regioni, nel periodo 2015-2018 verrà ridotta di 10,51 miliardi rispetto ai livelli programmati (rispettivamente 113 per il 2017, 114 per il 2018 e 115 per il 2019). Ne consegue che lo Stato non è in grado di fornire un welfare adeguato alle nuove tendenze demografiche del Paese, sia in termini di qualità, sia di universalità del servizio.
Di qui si innesta una generalizzata sfiducia del cittadino rispetto al livello clinico delle prestazioni erogate dal servizio pubblico sanitario e una crescente insoddisfazione rispetto al servizio offerto (liste d’attesa, orari poco flessibili, cicli di terapie ridotti...).
I “tagli” incidono poi maggiormente nelle aree di cronicità, della riabilitazione e delle cure intermedie, ovvero proprio quelle da sempre al centro della missione della Fondazione Don Gnocchi e di cui il bisogno è in continuo aumento per il progressivo aumento dell’età media degli italiani. La conseguenza negli ultimi anni è stata una costante crescita della spesa a carico delle famiglie per far fronte ai costi della salute: un dato che lo scorso anno si è attestato su 37 miliardi e che si prevede ammontare a 39,5 miliardi per il 2017.
Un andamento che mette a repentaglio l’universalismo e l’uguaglianza del sistema sanitario nazionale, rischiando di opzionare l’accesso alle cure da parte dei cittadini a seconda dalla loro capacità reddituale. Un tema, quello di un benessere equo e sostenibile, che è stato recepito e promosso anche dalle Nazioni Unite e che può essere raggiunto solo assicurando una “dimensione collettiva” alla spesa privata.
Questo può avvenire solo affidando in gestione la spesa sanitaria privata ad un “Secondo Pilastro Sanitario” con una conseguente “messa a sistema” delle strutture sanitarie coinvolte (erogatori) e dei “terzi paganti professionali”, ovvero assicurazioni, fondi e mutue.
L’intermediazione delle forme sanitarie integrative, infatti, da una parte consentirebbe l’acquisto collettivo diprestazioni con un contenimento del costo di circa il 20-30%, dall’altra un’ottimizzazione delle agende e quindi un efficientamento dell’accesso alle strutture sanitarie. Mancando però un impianto normativo omogeneo che riassorba tutte le forme di sanità integrative, l’attuale disciplina non è ancora adeguata a supportare il passaggio del “Secondo Pilastro” da strumento di contrattazione collettiva a strumento di vocazione sociale con una dichiarata funzione pubblica, equiparandolo così al Servizio Sanitario Nazionale. Ciononostante l’evoluzione verso un modello multi-pilastro è l’unica via in grado di poter garantire i principi di universalismo, uguaglianza e solidarietà che rappresentano da sempre il quadro valoriale del nostro sistema sanitario.
All’interno di questo scenario si colloca l’impegno della Fondazione Don Gnocchi che, rispondendo alla sua natura di ente non profit, mette in cima al suo agire la missione: promuovere una cultura di attenzione ai bisogni dell’uomo improntata sulla centralità della persona, sulla solidarietà e sulla vicinanza - materiale e spirituale - al tema delle fragilità.
Questo si traduce in un’indefessa collaborazione e contrattazione con fondi, compagnie assicurative, società di mutuo soccorso coerenti con l’etica e l’offerta sanitaria della “Don Gnocchi” per la creazione di un offerta di privato sociale capace di garantire anche nelle aree di cronicità prestazioni di eccellenza a prezzi calmierati e percorsi riabilitativi integrati - dalla degenza alle cure domiciliari - in grado di garantire la continuità assistenziale senza venir meno alla sostenibilità economica.
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