Il progetto - attivato al Centro S. Maria ai Colli -... (Leggi tutto)
Il tema dell’assistenza agli anziani è una costante all’interno del dibattito politico e istituzionale, ancora di più oggi, a fronte delle proiezioni statistiche sull’invecchiamento della popolazione nel nostro Paese che richiedono interventi urgenti. Il PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, mette a disposizione risorse mai viste in precedenza e il 31 marzo scorso è entrata in vigore la legge delega per la non autosufficienza (legge n. 33 del 23 marzo 2023), che vuole fare ordine tra le politiche per gli anziani, cercando di ridurre la frammentazione che caratterizza il settore. La tecnologia, in tema di telemedicina e robotica, mette a disposizione dispositivi sempre più sofisticati a vantaggio della popolazione anziana. Tutto questo è sufficiente?
È in questo contesto che si è svolto a Roma il convegno, promosso dalla Fondazione Don Gnocchi sul tema delle strategie della presa in cura del paziente anziano fragile, tra residenzialità e domiciliarietà (VEDI IL SERVIZIO DEDICATO DAL TG STUDIO APERTO SU ITALIA 1)
Dopo i saluti istituzionali di Francesco Converti, direttore generale della Fondazione Don Gnocchi, Giuseppe Quintavalle, direttore generale ASL Roma 1, Tonino Cantelmi, presidente dell'Associazione Medici Cattolici di Roma, padre Virginio Bebber, presidente ARIS e mons. Benoni Ambarus, vscovo ausiliare di Roma e segretario della Commissione Episcopale per le Migrazioni, i lavori hanno affrontato il tema della fragilità del paziente anziano sotto l’aspetto clinico, tecnologico, legislativo, sociologico.
Un elemento su cui tutti i relatori si sono trovati d’accordo è che oggi non bastano più politiche mirate, risorse e strutture, ma viene richiesta una vera e propria rivoluzione culturale che metta al centro non tanto la salute della persona anziana, ma la qualità della sua vita e il senso del suo essere protagonista attivo nella società.
Nel dibattito su una possibile definizione di fragilità e di cure integrate per la persona anziana, è intervenuto il professor Matteo Cesari, ordinario di Medicina interna dell’Università degli Studi di Milano, che ha presentato l’approccio ICOPE dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che mette sotto osservazione non la patologia, ma la valutazione della "capacità intrinseca", che è «il composto di tutte le capacità fisiche e mentali di un individuo» ed è costruita da 5 domini: locomozione, vitalità, sensi (vista e udito), cognizione e dominio psicologico. Questo approccio si focalizza sulla prevenzione delle malattie, supera l’accezione negativa dell'invecchiamento inteso come sinonimo di disabilità e fragilità pone l’attenzione positiva sul concetto di "invecchiamento sano".
L’onorevole Luciano Ciocchetti, vicepresidente della Commissione Affari sociali della Camera dei Deputati (nella foto sotto a sinistra), ha presentato invece la legge delega 33/2023 di cui è stato relatore. «Cambia radicalmente il paradigma – ha commentato – perché non si parla più solo di assistenza, ma di integrazione socio sanitaria». La legge prevede infatti che tutte le misure per l’assistenza degli anziani non autosufficienti saranno governate e attuate in modo congiunto dai diversi enti responsabili, Stato ed enti locali che programmeranno e gestiranno unitariamente gli interventi, mantenendo le rispettive titolarità. In particolare, la legge intende incentivare la dignità e l’autonomia delle persone anziane, l’invecchiamento attivo e la prevenzione della fragilità, garantendo un facile accesso ai servizi sanitari e sociali; il rafforzamento dell’assistenza domiciliare; la valorizzazione della figura del caregiver.
Dell’impatto del PNRR sui servizi di assistenza all’anziano ha invece parlato Massimiliano Maselli, assessore all’inclusione sociale e ai servizi alla persona della Regione Lazio, sottolineando come attraverso infrastrutture sociali come telemedicina e domotica, si dovrebbe riuscire a contrarre la spesa sanitaria perché si eviteranno i ricoveri ospedalieri impropri.
Nella tavola rotonda su promozione della persona, integrazione e presa in cura, coordinata dal giornalista di Avvenire Vito Salinaro, si sono confrontati Laura De Vito, della Direzione strategica del Policlinico Umberto 1° di Roma, Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di S. Egidio, don Massimo Angelelli, direttore dell’Ufficio della Pastorale della Salute della CEI, Angelo Chiorazzo, presidente della Cooperativa Auxilium.
«Oggi – ha sottolineato Impagliazzo – è urgente un cambio di approccio delle istituzioni verso l’anziano fragile; è indispensabile un cambio di paradigma per cui la casa deve diventare il primo luogo di cura e le persone vanno aiutate a rimanerci».
Chiorazzo ha sottolineato i ritardi dell’Italia, rispetto agli altri Paesi europei nel campo dell’assistenza domiciliare, mentre don Angelelli ha parlato di “crisi antropologica”, dove il principale problema è la solitudine della persona anziana: «è cambiato il tessuto sociale della nostra nazione – ha spiegato – e le nostre realtà, anche ecclesiali, sono sempre meno comunità. Occorre quindi ricostruire un tessuto sociale più coeso, perché nessuna organizzazione sarà mai più efficace di una persona che si mette in aiuto di una persona che ha bisogno».
Anche De Vito, citando la propria esperienza ospedaliera, e Impagliazzo hanno rimarcato la piaga della solitudine e dell’isolamento e l’urgenza di una presenza accanto all’anziano fragile, oggi decisiva a fronte dell’assenza delle famiglie.
«Fragilità e vulnerabilità dell’anziano – ha rimarcato nelle conclusioni don Vincenzo Barbante, presidente della Fondazione Don Gnocchi – oggi rappresentano per noi una grande sfida, ma la prima istanza è che ci sia un senso per cui vivere, perché il rischio è di una vita ultracentenaria, ma senza un senso e un obiettivo. La prima forma di cura, come ci ha insegnato don Carlo, è la relazione, la condivisione di un cammino dove mettere al centro l’ascolto di chi soffre e ciò di cui lui ha realmente bisogno, senza calare dall’alto modelli preconfezionati. Il rischio è di creare nuove sovrastrutture che renderanno tutto molto più complesso, mentre invece oggi dobbiamo aiutare gli anziani a superare la complessità. Fare rete è e sarà la prospettiva della Fondazione, che mette a disposizione la propria esperienza per agire e rispondere alle sfide di oggi».
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