Il progetto - attivato al Centro S. Maria ai Colli -... (Leggi tutto)
Le organizzazioni che aderiscono al “Patto per un Nuovo Welfare sulla non autosufficienza” hanno scritto una lettera alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, con l'obiettivo di discutere insieme i contenuti di “un solido progetto per il futuro dell’assistenza agli anziani, prima ancora di parlare di finanziamenti” e di spingere ancora più avanti il processo di riforma del sistema di cura della non autosufficienza delineato nell’ambito della recente approvazione della legge n. 33 del 2023.
Il “Patto per un Nuovo Welfare sulla Non Autosufficienza” è una realtà che si è costituita nel 2021 grazie a un’ampia coalizione sociale il cui scopo è contribuire all’elaborazione di proposte operative per la riforma sull’assistenza agli anziani non autosufficienti, avviata con la normativa del 2023 e che ora sta proseguendo con il cammino dei relativi decreti attuativi. Il Patto raggruppa ben 60 organizzazioni della società civile coinvolte nell’assistenza e nella tutela degli anziani non autosufficienti nel nostro Paese, tra le quali anche l’Aris (Associazione Religiosa Istituti Socio Sanitari) a cui aderisce la Fondazione Don Gnocchi.
Prezioso in questo contesto è il contributo offerto dal dottor Fabrizio Giunco, medico geriatra e direttore del Dipartimento Cronicità della Fondazione, componente della “cabina di regia” del Patto, il cui compito è quello di elaborare idee e proposte e sviluppare un confronto costante sui contenuti da inserire nella riforma sull’assistenza agli anziani non autosufficienti.
«Egregio Signor Presidente Meloni - dichiarano le organizzazioni del Patto -, le scriviamo in merito allo schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di politiche in favore delle persone anziane, in attuazione della delega di cui agli art. 3, 4 e 5 della Legge 23 marzo 2023, n.33 della riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti presentato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 25 gennaio. Si tratta di un atto decisivo per 10 milioni di persone: i 3,8 milioni di anziani coinvolti, i familiari che li assistono e chi lo fa professionalmente. Il Patto coinvolge 60 organizzazioni: la gran parte di quelle della società civile coinvolte nell’assistenza e nella tutela degli anziani non autosufficienti nel nostro Paese. Si tratta della comunità italiana della non autosufficienza, che ha deciso di superare confini, appartenenze e specificità per unirsi».
Il Patto ricorda come grazie al proprio impegno sia stato possibile inserire la riforma nel PNRR e a tale proposito ha salutato con favore l’impatto innovativo contenuto nella successiva “e pur perfettibile” legge delega 33/2023, che riprendeva in ampia misura anche le dettagliate proposte delle organizzazioni.
«Oggi - sottolinea il Patto -, a pochi giorni dall’approvazione dello schema di decreto legislativo e a seguito di una sua attenta lettura, pur apprezzando l’attenzione riservata ad alcune rilevanti questioni, in particolare il processo di valutazione multidimensionale dell’anziano non autosufficiente, riteniamo importante condividere con Lei alcune considerazioni su quello che invece manca o ci appare poco definito. È opportuna una premessa. Anche se il settore ha evidente necessità di maggiori risorse, non è questo ora il nostro focus. Prima bisogna discutere il progetto per il futuro dell’assistenza agli anziani: solo se questo è solido ha senso affrontare i finanziamenti. E il decreto approvato in via preliminare, a nostro parere, non sviluppa adeguatamente il progetto che invece la legge prevede. Per questo motivo, auspichiamo che il Governo possa compiere una revisione del decreto perché sia in linea con le previsioni più innovative della legge-delega, a partire dai seguenti punti».
Le proposte inoltrate dal Patto al Governo sono essenzialmente tre:
Riformare i servizi domiciliari. Dalla pandemia in poi, opinione pubblica, media e politici hanno insistito – come una sola voce – sull’imperativo di assicurare agli anziani la possibilità di continuare a vivere a casa. In Italia, però, manca un servizio domiciliare pubblico disegnato per assistere gli anziani non autosufficienti. Quelli esistenti – di Asl e Comuni – sono utili ma pensati per altre categorie di persone e ad altri fini e non tengono conto di aspetti ineludibili come, ad esempio, la durata dell’assistenza. Sul punto, lo schema di decreto rimanda a successivi provvedimenti di semplice indirizzo, mentre si dovrebbero già qui individuare alcuni criteri che siano vincolanti e che orientino il ridisegno dell’assistenza domiciliare verso la non autosufficienza.
Avviare la riqualificazione delle strutture residenziali. Seppure la priorità sia sostenere la permanenza dell’anziano a domicilio, nei casi più gravi questa non è un’opzione possibile. Se questo tema è prioritario, come è emerso durante la pandemia, è indispensabile che le strutture siano luoghi accoglienti dove gli ospiti godano della miglior qualità di vita possibile, ci saremmo aspettati delle previsioni più stringenti, tanto nella definizione di tutti i criteri utili per l’accreditamento, quanto dei necessari requisiti di sicurezza e qualità. Il decreto attuativo, invece, contiene solo prime indicazioni in merito e rimanda a ulteriori provvedimenti.
Dare un futuro alla prestazione universale. Per ottenere la nuova misura, sperimentale per il 2025-2026, sono richiesti un elevato bisogno assistenziale, un’età di almeno 80 anni e ridotte disponibilità economiche. Viene così introdotto il principio che si può fruire dell’assistenza per la non autosufficienza solo se, oltre a trovarsi in questa condizione, si è poveri mentre attraverso il welfare è necessario sostenere anche le classi medie. Inoltre, con la prestazione vengono aggiunti 850 euro mensili all’indennità di accompagnamento – la più diffusa misura pubblica – che rimane immutata, senza affrontarne i tanti problemi. Sarebbe auspicabile che la sperimentazione prevedesse anche una revisione dell’indennità per le persone coinvolte: solo così potrà costituire un’utile base per il futuro.
«Tutto ciò premesso, e nonostante ciò - conclude il Patto - riteniamo che sarebbe stato auspicabile un pieno coinvolgimento delle organizzazioni rappresentanti il mondo della non autosufficienza degli anziani nella fase ascendente del decreto, come d’altra parte era stato annunciato. Il Patto continua a esprimere la propria disponibilità alla collaborazione sulla riforma, a partire da queste settimane che ci separano dalla definitiva approvazione del provvedimento».
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