Il progetto - attivato al Centro S. Maria ai Colli -... (Leggi tutto)
Nella Bolivia in ginocchio per il coronavirus, il piccolo Eidan (nella foto) si è alzato in piedi e non ha intenzione di fermarsi. Il tutto con l’aiuto della Fondazione Don Gnocchi, che continua a lavorare nel Paese sudamericano a favore delle persone con disabilità.
All’interno di uno scenario ancora dominato dall’emergenza Covid, la Fondazione Don Gnocchi non è rimasta passiva. Al contrario, in stretta collaborazione con lo staff del partner locale “Tukuy Pacha”, sono state messe in campo nuove strategie di teleriabilitazione, affinché il programma di Riabilitazione su Base Comunitaria (RBC) non si arrestasse. In questo modo si è garantita, rimodulandola opportunamente, la continuità degli interventi in favore dei beneficiari del progetto: sedute di terapia da remoto, invio di video con esercizi da svolgere, telefonate e videochiamate con i familiari, sia per proseguire il percorso di riabilitazione, sia per rompere l’isolamento forzato in cui molte famiglie si sono trovate a causa della pandemia.
In alcuni casi particolarmente gravi, quando le condizioni di sicurezza lo hanno permesso, sono continuati anche gli interventi domiciliari in presenza degli operatori. Come nel caso di Eidan, un bambino di 8 anni affetto da paralisi cerebrale mista, che ha colpito braccia e gambe, aggravata da una severa spasticità. Negli anni il bambino ha ricevuto cure intermittenti, solo quando la madre e la famiglia con fatica sono riusciti a guadagnare abbastanza per permettersele. Dopo un intervento di microchirurgia che ne ha completamente drenato le risorse economiche, la famiglia non è più riuscita a garantire con continuità a Eidan i trattamenti fisioterapici necessari. Eppure, grazie alla sua grande forza di volontà, il piccolo è riuscito ad acquisire il controllo della testa, a sedersi, a mangiare da solo, a parlare e persino a muoversi strisciando per quella stanza che solo di rado abbandonava. Eidan non ha mai frequentato la scuola. Fin quando la madre ha incontrato l’Associazione Tukuy Pacha e il bambino è stato inserito nel programma di riabilitazione.
Gli operatori del progetto sostenuto dalla Fondazione Don Gnocchi hanno supportato la famiglia, aiutandola a ottenere il “Carnet de Discapacidad”, cioè l’iscrizione nel Sistema informativo boliviano del registro unico delle persone con disabilità (SIRUPD), che permette un sussidio mensile e l'accesso gratuito alla sanità. Inoltre, si è avviato un percorso di sensibilizzazione nei confronti dei familiari, che sono presto diventati i principali terapisti di Eidan, accompagnato con cura e attenzione dalla fisioterapista Paola Villaroel Coca (foto sotto).
I risultati sono sorprendenti: oggi Eidan riesce a camminare per brevi tratti senza aiuto esterno e sta uscendo nel cortile di casa con un deambulatore infantile.
La storia di Eidan aiuta a risollevare le speranze di un popolo, quello boliviano, che sta vivendo giorni molto difficili. Fino a poche settimane fa, il Paese era infatti riuscito a contenere relativamente la diffusione del coronavirus, applicando una serie di misure preventive decisamente restrittive – per certi versi anche più stringenti di quelle applicate in Italia all’apice della curva di crescita dell’epidemia -, che si erano dimostrate in apparenza efficaci, a differenza per esempio del vicino Brasile, dove la situazione sanitaria ha assunto proporzioni catastrofiche.
A partire dalla seconda metà di giugno, la situazione è però progressivamente peggiorata anche in Bolivia e il numero di contagi è tornato a crescere. Oggi si registrano oltre 80.000 casi positivi in tutto il Paese, tra i quali anche alcune alte cariche istituzionali come la presidente ad interim della Repubblica, Jeanine Anez, e oltre 3.000 decessi.
Il mese scorso è venuto a mancare anche il vescovo di El Alto, monsignor Eugenio Scarpellini, in Bolivia fin dal 1988, già segretario generale della Conferenza Episcopale Boliviana e figura di alto profilo del mondo missionario. In questo quadro estremamente critico, il Dipartimento di Cochabamba, dove la Fondazione Don Gnocchi è attiva dal 2013, ha registrato uno dei più alti tassi di contagio e mortalità del Paese: gli operatori della Fondazione presenti nell’area sono sempre rimasti in salute, ma il virus ha toccato da vicino lo staff del partner locale “Tukuy Pacha”, arrivando purtroppo a colpirne anche affetti e familiari.
Al momento si prevede che almeno fino al 31 agosto resteranno in vigore molte delle misure restrittive. Intanto il Paese continua a essere attraversato da forti tensioni sociali, esacerbate dal prolungarsi della crisi sanitaria e sfociate in manifestazioni di piazza e blocchi stradali. Tensioni che probabilmente si acuiranno all’avvicinarsi delle elezioni presidenziali, rimandate più volte a causa della pandemia e attualmente previste il prossimo 18 ottobre.
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