Il progetto - attivato al Centro S. Maria ai Colli -... (Leggi tutto)
Paola oggi ha circa sessant’anni, è milanese e aiuta il marito nella gestione amministrativa dell’attività di famiglia. Sette anni fa la sua vita è stata letteralmente stravolta: a seguito di un’infezione infatti ha subito l’amputazione degli arti inferiori e degli arti superiori. Tuttavia, non si è data per vinta e da subito ha cercato e provato protesi adeguate e tecnologicamente sempre più avanzate per riacquisire maggiore autonomia possibile. Pochi mesi fa, Paola ha iniziato ad utilizzare delle protesi bioniche multiarticolate di ultima generazione (Nexus) ed è così che, tramite l’Officina Ortopedica Maria Adelaide di Torino, che ha curato l’impianto delle nuove mani, ha iniziato un percorso riabilitativo presso l’ambulatorio per la riabilitazione dell’arto superiore che fa capo all’Unità Operativa DAT (Domotica, Ausili, Terapia occupazionale) del Centro IRCCS S. Maria Nascente di Milano.
«Il lavoro che Paola ha iniziato durante l’estate – spiega Rosa Maria Converti (nella foto sotto), medico fisiatra e responsabile del DAT – non è un semplice addestramento all’uso delle protesi, ma un vero e proprio percorso riabilitativo in regime ambulatoriale complesso MAC. Si tratta di un’attività che comprende sia la terapia occupazionale per l’integrazione dell’utilizzo delle mani bioniche in attività di vita quotidiana, sia la chinesiterapia per il reclutamento dei muscoli del cingolo scapolare degli arti superiori e del tronco e per il controllo posturale».
«Grazie a Laura Negri, la fisioterapista, e a Fabio Bonora, il terapista occupazionale, a due terzi del percorso abbiamo raggiunto già dei buoni risultati – racconta Paola -. Laura è una bravissima professionista, molto competente che mi sta aiutando molto nel rafforzamento muscolare. Queste nuove protesi infatti sono per me molto pesanti e indossarle costa fatica. Fabio è volonteroso e intraprendente e per lui, come per me, queste protesi di ultima generazione sono da scoprire in tutte le potenzialità. Con lui ho sperimentato e appreso nuove strategie e modalità di applicazione. Al termine di questo percorso, vorremmo scrivere una scheda d’istruzione all’uso riguardante la funzionalità delle prese preimpostate nelle attività di vita di ogni giorno. Ho fatto notevoli progressi tanto che oggi per esempio posso lavarmi i denti da sola con uno spazzolino elettrico, o, attraverso un “dito capacitivo” usare tablet o smartphone e in generale i dispositivi con touch screen; posso afferrare oggetti sottili e fragili, come carte da gioco, le uova o bicchieri e bottiglie di plastica, senza stringere eccessivamente la presa...».
Progressi indubbiamente significativi, anche se è ancora lunga la strada per l’autonomia.
«Questo tipo di protesi – spiega Roberto Ariagno, dell’Officina Ortopedica Maria Adelaide di Torino - offrono 14 prese personalizzabili, rendendo possibili i gesti quotidiani e una sempre maggiore autonomia. I movimenti sono comandati da impulsi elettrici generati dalla contrazione muscolare della paziente. Non c’è niente di invasivo: ci sono degli elettrodi applicati a livello epidermico che captano i segnali del cervello che indicano la volontà di un certo movimento e li trasmettono a un microprocessore che, attraverso un software, traduce il segnale in movimenti della mano e delle dita. Già collaboravamo con il Centro Don Gnocchi di Torino, con cui avevamo messo a punto un protocollo riabilitativo per pazienti con mani bioniche ed è così che siamo arrivati al DAT di Milano».
Sono molteplici le attività svolte presso il DAT di Milano, ma tutte accomunate dall’obiettivo di rendere capaci le persone di partecipare alle attività di vita quotidiana, attraverso un approccio globale al paziente, tenendo conto di tutte le sue esigenze. «Il DAT – specifica Rosa Maria Converti - è un esempio di traslazione in clinica di anni di ricerca in tema di tecnologie assistive. Vi lavorano fisioterapisti, fisiatri, bioingegneri, terapisti occupazionali…».
È presente una “casa domotica” per la progettazione di ambienti che consentano alla persona con disabilità di avere la massima autonomia in ambiente domestico; il SIVA, un servizio nato negli anni ‘80 per la consulenza e valutazione degli ausili ottimali, anche con applicazioni informatiche molto complesse.
C’è poi il servizio di terapia occupazionale per rispondere ai bisogni di autonomia del paziente, un ambulatorio per l’arto superiore per il recupero delle abilità manuali nelle attività di vita quotidiana, anche con la realizzazione di ortesi personalizzate e l’ambulatorio “Sol Diesis” per musicisti, per la prevenzione e il trattamento di patologie muscolo scheletriche e neurologiche caratteristiche di chi fa musica a livello professionale o amatoriale.
Come riconosce Paola, oggi la sua autonomia è sicuramente migliorata: negli anni ha visto e sperimentato sulla sua pelle l’evoluzione compiuta nel campo delle protesi, anche se ancora molto resta da fare e soprattutto non è facile trovare l’ausilio che risponda perfettamente alle esigenze e alle aspettative di ciascuno.
Il vero valore aggiunto sta proprio nell’approccio personalizzato e coordinato di chi fa ricerca, di chi trasforma la ricerca in dispositivi e di chi “adatta” la protesi alle caratteristiche del paziente, individuando dapprima i suoi bisogni di autonomia e intervenendo poi, attraverso la riabilitazione, in un percorso di accompagnamento al raggiungimento più pieno possibile di questa autonomia, che significa qualità della vita.
Ufficio Stampa Fondazione Don Gnocchi
Milano, tel. 02 39703245 – 335 8498258
ufficiostampa@dongnocchi.it