Allestimenti suggestivi, testimonianze di ragazzi e... (Leggi tutto)
«Egregio Mister Parkison… lei s'approfitta d'ogni rilassatezza, dell'abbassamento della guardia nella battaglia quotidiana, ci proibisce di pensare ad altro, contando sulla superficialità con cui io ho affrontato l’insorgere del male... No, vecchio caprone, non le sarà facile, né con me né con gli altri, la Resistenza è cominciata. Perché, vede, io e i miei fratelli e sorelle malati abbiamo tante cose da fare e una vita da portare avanti meglio di così!».
Bruno Lauzi, cantautore genovese scomparso nel 2004 e affetto da Morbo di Parkinson, così scrisse in una lettera che divenne l’atto di ribellione contro il male che poco a poco si stava portando via la sua autonomia e insieme l’invito a tutti a sostenere la ricerca scientifica.
Antonella è un medico di Roma e anche a lei, 15 anni fa, è stato diagnosticato il Parkison. Da allora non ha perso la forza di lottare e di condurre una vita normale, con una professione a cui non vuole rinunciare, un’autonomia da riconquistare ogni giorno e una famiglia a cui continuare a dedicarsi. La donna è una delle pazienti seguite al Centro “S. Maria della Provvidenza” di Roma e sottoposte a riabilitazione con i moderni sistemi robotici.
«Questi trattamenti - racconta – mi hanno consentito negli ultimi mesi di riacquistare un’autonomia che prima avevo perduto: ho ripreso a guidare l’auto, sono più autonoma in casa e tra poco, appena finito questo nuovo ciclo di terapie, potrò ritornare al mio lavoro di medico, anche se non sarò a contatto diretto con i pazienti».
«Sono arrivata qui grazie a una collega neurologa che mi ha messo in contatto con il dottor Luca Padua, referente scientifico dei Centri romani della Fondazione. Dovevo sottopormi a un impianto di elettrostimolazione, qualcosa di molto invasivo che solitamente è riservato a pazienti molto gravi e più avanti con gli anni, ma non ero per niente convinta di questo intervento, anche perché non volevo in alcun modo far mancare il mio apporto e il mio sostegno alla famiglia, avendo un figlio ancora molto giovane. Così ho preferito provare a fare della riabilitazione e per questo sono arrivata qui».
«Ho lavorato molto sul “Geo System” - un sistema robotico per rieducare il paziente al cammino, graduando il carico del peso corporeo e aiutandolo a a riprendere l’equilibrio, ndr - e poi con le macchine per la riabilitazione dell’arto superiore e i risultati sono stati molto positivi e per certi versi sorprendenti. Tanto per cominciare, le mie condizioni si sono stabilizzate, il che, per una persona affetta come me da una patologia cronica, è un fatto molto importante, ma come detto ho riacquisito molta più autonomia rispetto al passato. Guidare l’auto, alzarmi da sola nel letto, muovermi in casa senza pericolo di cadere, riprendere il lavoro… tutte azioni prima impensabili».
Antonella ricorda il percorso riabilitativo lungo e impegnativo, ma condotto senza la necessità di un ricovero in degenza. «Ho iniziato con trattamenti molto intensivi in day hospital, che nel tempo si sono gradualmente alleggeriti. Ho iniziato di recente anche la terapia occupazionale, che mi è di grande aiuto per recuperare la manualità e la pratica quotidiana: i trattamenti sono faticosi, ma sostenibili e poi ci sono i momenti di condivisione con gli altri pazienti, il confronto con i terapisti…
«Qui ho trovato grande professionalità, ma anche tanta umanità; le terapie sono personalizzate e vengono modulate su misura per le esigenze di ogni paziente; in pratica, noi pazienti diventiamo protagonisti del nostro recupero in maniera attiva, collaborando al lavoro dei terapisti».
La malattia di Parkinson è una patologia che purtroppo è sempre più diffusa e quando colpisce in maniera precoce, come nel caso di Antonella, ha conseguenze ancora più pesanti.
«Non sei in età di pensione, ma non puoi nemmeno lavorare... La riabilitazione mi ha consentito di non sentirmi di peso e in qualche modo di ripagare, attraverso il lavoro recuperato, le risorse spese per curarmi. Col mio lavoro posso consentire di rendere più sostenibili questi costi per la collettività: è un circolo virtuoso che se applicato su larga scala impatterebbe in modo positivo sui conti sempre più salati della nostra sanità. Per questo è importante la riabilitazione e per questo sono importanti strutture come queste...
«A chi si trova nella mia situazione, dico di non perdere mai la speranza, di andare avanti e di vivere la propria vita pur nei limiti che la malattia impone. Conoscere meglio questa patologia, a partire da noi pazienti, ci fa capire quello che possiamo e non possiamo fare, fino a dove ci possiamo spingere con la nostra autonomia e vivere così la nostra vita in maniera abbastanza serena».
Una vita normale: una conquista, un traguardo per tutti coloro che, come Antonella, stanno combattendo la loro battaglia quotidiana. Bruno Lauzi concludeva la sua lettera aperta a Mister Parkinson con una sfida rabbiosa: «Siamo in tanti, tante mani si leveranno contro di lei e cercheranno di restituirle colpo su colpo, fino a quando non riusciranno ad acchiapparla per la collottola e mandarla all’Inferno cui appartiene, bestiaccia immonda, sterco del demonio, nostra croce senza delizie… Mi stia male e a non rivederla».
Oggi queste mani tremolanti possono contare su un aiuto in più: quello di una tecnologia amica.
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