I riconoscimenti – grazie al generoso contributo dell’Ana... (Leggi tutto)
siamo alla vigilia della Pasqua. Abbiamo condiviso una quaresima durissima, travolta da questa drammatica pandemia che ha segnato non solo i nostri stili di vita personale, ma anche in modo particolare il cammino di Fondazione a servizio dei più fragili.
Anche in questo frangente così difficile la Fondazione Don Gnocchi non si è tirata indietro, ma si è messa a disposizione con competenza e compassione per sostenere e accompagnare uomini e donne fragili, i malati, le loro famiglie, ma anche le istituzioni in difficoltà, dando una testimonianza non solo di coerenza, ma anche di speranza e di solidarietà: uniti ne verremo fuori, facendo il possibile e spesso anche di più.
Fin dai tempi di don Carlo siamo stati in prima linea nella lotta contro il male. Allora il suo nome era legato alla sofferenza dei bambini. Il dolore innocente segnava fisicamente e socialmente i piccoli che don Carlo accoglieva e abbracciava come un padre. Oggi il male ha il volto segreto di un virus che ha toccato il corpo di molti e lo spirito di tutti. Le sue manifestazioni infatti non si limitano solo alla malattia, ma hanno investito tutta la società e il cuore di ciascuno di noi.
Come nei drammatici giorni vissuti da don Carlo, cappellano della Tridentina, abbiamo vissuto l’esperienza di una lotta impari, in cui abbiamo potuto contare solo sulla tenacia e forza d’animo dei nostri operatori, sulla capacità di usare al meglio i mezzi che avevamo a disposizione, sulla capacità di gettarci alle spalle le paure che ci portavamo dentro e rimboccarci le maniche, servire, lavorando insieme, uniti.
Io devo dire grazie ancora una volta a quanti, in Fondazione o vicino ad essa, hanno contribuito a sostenerne lo sforzo per garantire la continuità nei fatti e nello spirito della nostra missione: accanto alla vita, sempre!.
Ma, come si dice, nelle emergenze vengono a galla qualità e risorse impensabili, ma anche i limiti e le povertà dell’uomo. Così è successo anche ora. Siamo testimoni di atti di coraggio e di instancabile dedizione da parte di molti, di vero e proprio sacrificio soprattutto nell’ambito sanitario e assistenziale, ma anche di manifestazioni di paura, di egoismo, di ipocrisia, di fuga, di opportunismo da parte di chi cerca di trarre un profitto personale da tutto questo.
Stiamo cercando di tener testa anche a questo con trasparenza, mitezza e determinazione, riaffermando la verità dei fatti in ogni luogo e contesto che ci permetta di farlo, ma dovendo comunque subire un’aggressione mediatica, e ora anche giudiziaria, che ferisce ciascuno di noi che per Fondazione lavora e si spende con tanta dedizione.
Questa, dunque, è stata la nostra quaresima. Per qualcuno, forse, una quaresima di penitenza, per tutti certamente una quaresima di sacrificio.
In queste settimane ho cercato di tenere i contatti con tutti i nostri centri telefonando a molti di voi. Una sera, una delle nostre collaboratrici mi ha detto, quasi confessandosi, di soffrire come credente perché non riusciva più a pregare e quando rientrava a casa, smontando dal proprio turno, era troppo stanca per farlo. Ricordo di averle detto convintamente che il suo lavoro quotidiano sale a Dio più gradito dell’incenso che si usa nelle chiese.
Tutti ho ringraziato e a tutti ho detto di non lasciarsi condizionare dal male. Il male tende a dividerci, a farci chiudere in noi stessi, a renderci ancora più fragili. Per questo a tutti ho rinnovato l’invito a cogliere il bene, a scovarlo nelle pieghe della quotidianità, quel bene che non fa notizia e che nessun giornale racconta.
Il Giovedì Santo ricorda la lavanda dei piedi e l’istituzione dell’eucaristia: ebbene noi non abbiamo mai smesso di servire con amore i nostri ospiti, impegnandoci ad offrire tutto quello che potevamo di noi stessi.
Il Venerdì Santo celebra il giorno in cui le tenebre avvolgono un mondo segnato dall’apparente vittoria del male, dal tradimento, dall’ingiusta condanna, dalla passione e morte di Gesù: qui, con un colpo d’ala magnifico, la liturgia innalza a Dio una preghiera solenne di intercessione per tutta l’umanità, perché la morte di Gesù, per quanto drammatica, è prima di tutto un atto d’amore per l’uomo.
Ebbene, in un certo modo anche noi, come tutto il mondo, abbiamo vissuto questo Venerdì Santo. Mentre preghiamo ed esprimiamo il più vivo cordoglio per tutte le vittime del male e per la sofferenza di tante famiglie, la fede nel Dio della vita ci spinge con forza a credere che il male e la morte non potranno mai offuscare la solidarietà e la passione per la vita di quanti hanno dato tutto se stessi per gli altri.
Durante l’udienza dell’ottobre scorso Papa Francesco, parlando di don Carlo, ci ha detto: «La sua fu un’impresa non solamente sociale, ma mossa dalla carità di Cristo». E di seguito aggiungeva: «A distanza di tanti anni, voi portate avanti la sua eredità e, come un talento prezioso, la state moltiplicando con lo stesso suo zelo apostolico e la stessa fedeltà al Vangelo». Non scordiamoci queste parole. L’alba del giorno di resurrezione verrà.
Mai come quest’anno la Pasqua ci trovi con il cuore spalancato alla possibilità che Qualcosa di nuovo rinnovi i nostri cuori e riaccenda la speranza. È l’augurio che faccio a tutti voi, alle vostre famiglie e ai vostri cari.
Sia Pasqua per tutti.
Don Vincenzo Barbante
Ufficio Stampa Fondazione Don Gnocchi
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