Il progetto - attivato al Centro S. Maria ai Colli -... (Leggi tutto)
Il 21 settembre si celebra in tutto il mondo la Giornata Mondiale dell’Alzheimer. Istituita nel 1994 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dall’Alzheimer’s Disease International, la giornata è l’occasione per accendere i riflettori su questa patologia che deve il suo nome al medico neurologo tedesco Alois Alzheimer che, all'inizio del 1900, per primo notò e descrisse le caratteristiche. Anche la Fondazione Don Gnocchi da anni è in prima linea, ogni giorno, nelle attività riabilitativo-assistenziali e nella ricerca scientifica per vincere la sfida contro quella che è la più diffusa forma di demenza, a oggi incurabile.
L'Alzheimer's Disease International, stima che circa 55 milioni di persone in tutto il mondo vivono oggi con la demenza e si prevede che tale popolazione aumenterà a 78 milioni entro il 2030. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, in Europa, la demenza di Alzheimer rappresenta il 54% di tutte le demenze con una prevalenza nella popolazione con più di 65 anni; ne sono colpite maggiormente le donne e aumenta con l’età. In Italia, sono circa 1 milione le persone con demenza, di cui il 50-60% con Alzheimer. All’inizio la malattia si manifesta con lievi problemi di memoria che nel tempo possono acuirsi ed evolversi in gravi deficit cognitivi: la persona che ne è colpita soffre di disorientamento riguardo al tempo, le persone e lo spazio; trascura la propria sicurezza personale, l’igiene e la nutrizione. In chi sviluppa la malattia si osserva una perdita di cellule nervose nelle aree cerebrali vitali per la memoria e altre funzioni cognitive; il decorso è lento e in media i pazienti possono vivere fino a 8-10 anni dopo la diagnosi.
L’Alzheimer, come le altre forme di demenza, ha un notevole impatto a livello socio-sanitario, sia per il numero sempre maggiore di famiglie coinvolte, sia perché richiede una qualificata rete integrata di servizi non sempre disponibili. Già oggi queste patologie rappresentano una delle maggiori cause di disabilità e non è escluso che, con il progressivo invecchiamento della popolazione, il suo impatto in termini di risposta sanitaria sarà sempre più rilevante in un futuro non troppo lontano.
In Fondazione Don Gnocchi è attivo dal 2018 il Dipartimento Cronicità con funzioni di supervisione, indirizzo e coordinamento degli interventi verso anziani, disabili adulti o persone prossime alla fine della vita. “All’interno del Dipartimento – spiega il Direttore, Fabrizio Giunco (nella foto sotto) – una particolare attenzione è rivolta alla compromissione cognitiva e alla demenza, cui sono dedicati i Nuclei speciali Alzheimer, i Centri Diurni Alzheimer, i servizi domiciliari di supporto e gli interventi ambulatoriali specialistici dei Centri per i Disturbi Cognitivi e Demenze (CDCD). Gli standard garantiti sono superiori a quelli richiesti dalle normative e sono integrati da interventi innovativi di riabilitazione, presa in carico personalizzata, supporto psicologico a persone e familiari, progetti di umanizzazione, prevenzione della contenzione fisica e farmacologica, integrazione con volontari e specialisti”. Nel 2021, nella sola città di Milano, i servizi di Fondazione hanno sostenuto complessivamente più di 2800 persone affette da demenza con oltre 42000 prestazioni.
Oltre all’intervento riabilitativo, l’impegno della Don Gnocchi, si esplica nella ricerca scientifica, in particolare nella “linea di ricerca 3”, di cui è responsabile scientifico il professor Sandro Sorbi, dedicata alla riabilitazione della disabilità di origine neurologica, del neurosviluppo e muscolo-scheletrica.
Da segnalare, tra i tanti, due progetti recenti (Preview e Nevermind), che in maniera più specifica hanno a che vedere con l’Alzheimer. Il progetto Preview, a cui partecipa l’IRCCS Don Gnocchi di Firenze, ha adottato un approccio innovativo che combina valutazioni neuropsicologiche, esami strumentali e genetici e un’analisi matematico/statistica attraverso machine learning per verificare se e in quali soggetti la percezione soggettiva di un declino cognitivo è indice di possibile sviluppo dell’Alzheimer. Il progetto, finanziato dalla Regione Toscana, vede la partecipazione anche dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi, dell’Università degli Studi di Firenze e della Scuola Superiore S. Anna di Pisa. Il progetto Nevermind invece, finanziato dalla Fondazione Regionale per la Ricerca Biomedica (FRRB), è coordinato da Marzia Bedoni, responsabile del Laboratorio di Nanomedicina e Biofotonica Clinica dell'IRCCS Don Gnocchi di Milano e vede coinvolti l’IRCCS Istituto Clinico Humanitas, l’IRCCS Ospedale San Raffaele, l’Università degli Studi di Milano e l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Il progetto parte dal presupposto che non basta sviluppare farmaci più efficaci, ma è essenziale migliorare la capacità dei nuovi principi attivi di raggiungere le aree del cervello colpite da queste patologie. Obiettivo del progetto è lo sviluppo di nanovettori ingegnerizzati, in grado di superare la barriera emato-encefalica e rilasciare i principi attivi in modo selettivo, direttamente nel sistema nervoso centrale.
A conferma inoltre dell’alto livello raggiunto dai ricercatori “Don Gnocchi”, nel giugno scorso, il dottor Carlo Abbate, neuropsicologo clinico e ricercatore dell'IRCCS Fondazione Don Gnocchi, in servizio presso l’Istituto Palazzolo di Milano, si è aggiudicato il prestigioso Premio Oskar Fischer, promosso dal San Antonio (UTSA) College of Sciences. L'idea del dottor Abbate cerca di spiegare le cause della patologia: il morbo di Alzheimer inizia nelle cellule staminali neurali nelle nicchie della neurogenesi negli adulti, il processo in cui si formano nuovi neuroni nel cervello. Un’idea “visionaria”, come è stata definita, per gettare le basi della ricerca del futuro.
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