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Anche la Fondazione Don Gnocchi piange la scomparsa di Riccardo Bonacina (nella foto), giornalista innovatore e visionario, fondatore di Vita e pioniere di una vera propria scuola di comunicazione. I funerali saranno celebrati venerdì, alle ore 11, nella basilica di Sant’Eustorgio (piazza Sant’Eustorgio 1) a Milano.
Dopo l’esperienza in Fininvest e in Rai, nel 1994 Riccardo fonda Vita, che molti definirono “L’Espresso del sociale”. «Un giornale quasi clandestino – scrive oggi Stefano Arduini, l’attuale direttore del mensile, nel suo commosso ricordo - certamente ribelle nato da “un moto di rabbia”, come amava ricordare, di fronte al fatto che nella dieta mediatica di allora i temi del sociale e dell’impegno civile erano considerati ancillari: buone azioni di buona gente, ma che in fondo contavano poco. Non era così. E 30 anni di storia dimostrano che quell’intuizione, costruita sulla base di un’alleanza fra un gruppo di giornalisti e un network di organizzazioni non profit (il comitato editoriale, del quale fa parte anche la Fondazione Don Gnocchi), aveva colto un bisogno reale di rappresentanza e racconto».
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Solo lo scorso marzo, Riccardo aveva scritto per Missione Uomo, la rivista della Fondazione Don Gnocchi, una riflessione sui temi del volontariato, a partire dal libro sui testi di Papa Francesco che aveva curato e pubblicato: «Il mondo ha bisogno di persone impegnate per il bene comune – ricordava -. Ed essere volontari solidali è una scelta che ci rende liberi».
Riproponiamo quel testo, a ricordo di un amico e un maestro.
È davvero “una quasi catechesi sul volontariato” quella che ho provato a comporre spulciando i discorsi, i messaggi e le encicliche di Papa Francesco in questi dieci anni di pontificato. “Io avrò cura di te. La chiamata per il bene comune” è il titolo del libro di Papa Francesco che ho curato, edito da Solferino e Libreria editrice Vaticana. Quella del Papa è stata un’attenzione crescente e tutta dentro i passi del suo decennale magistero pontificio. Francesco scopre strada facendo il volontariato e ne capisce il valore che non consiste nel volontarismo, ma nel contributo che una scelta libera e personale può dare alla tutela della dignità umana e alla costruzione di una società più giusta e solidale.
Il Papa che pochi mesi dopo la sua elezione al soglio pontificio, nell’ottobre 2013, aveva avvertito che la Chiesa non è una Ong – «La Chiesa non è un’agenzia umanitaria, la Chiesa non è una Ong, la Chiesa è mandata a portare a tutti Cristo e il suo Vangelo; non porta se stessa, la Chiesa porta Gesù» – scopre via via come il volontariato possa essere un valore fondamentale perché in esso si esplicita un buon uso della libertà individuale.
Papa Francesco nel corso del suo magistero ha via via incontrato centinaia di volontari e centinaia di gruppi di volontariato, sui territori. Nei numerosi viaggi o nelle udienze, e nei lunghi mesi della pandemia ha visto e ammirato la mobilitazione in aiuto dei più fragili quando nelle città dominavano il deserto e il silenzio, ha visto le tante associazioni mobilitate per l’accoglienza a chi fugge dalle guerre. Si può parlare di una vera e propria scoperta progressiva da parte del Papa del volontariato, una scoperta che lo ha portato a dire: «Io ho trovato tre cose in Italia che non ho visto da altre parti. Una di queste tre cose è il forte volontariato del popolo italiano, la forte vocazione al volontariato. È un tesoro: custoditelo! È un tesoro culturale vostro, custoditelo bene!» (Discorso ai volontari della Protezione civile, maggio 2022). E ancor più recentemente: «Il volontariato è una delle tre cose che ho trovato in Italia come una caratteristica vostra, non l’ho trovato così altrove. Le altre cose sono gli oratori parrocchiali, al nord soprattutto, e poi le associazioni di aiuto economico, bancario, perché la gente prenda lì il mutuo e vada avanti, un aiuto di tipo economico. Tre cose tipicamente italiane» (Discorso ai rappresentanti della Focsiv, 14 novembre 2022).
Un “tesoro culturale”, sottolinea il Papa, ovvero qualcosa di cui occorre essere coscienti, da salvaguardare, da nutrire. Nella intenzione di preghiera del dicembre 2022, dice Francesco: «Il mondo ha bisogno di volontari e di organizzazioni che vogliano impegnarsi per il bene comune. Sì, è la parola che oggi molti vogliono cancellare: “impegno”. E il mondo ha bisogno di volontari che si impegnino per il bene comune. Essere volontari solidali è una scelta che ci rende liberi; ci rende aperti alle necessità dell’altro, alle richieste di giustizia, alla difesa dei poveri, alla cura del creato. Significa essere artigiani di misericordia: con le mani, con gli occhi, con gli orecchi attenti, con la vicinanza. Essere volontari vuol dire lavorare con la gente che si serve. Non solo per la gente, ma con la gente. Lavorare con la gente. Il lavoro delle organizzazioni di volontariato è molto più efficace quando collaborano tra loro e anche con gli Stati. Lavorando in coordinamento, per quanto limitate possano essere le loro risorse, danno il meglio di sé e trasformano in realtà il miracolo della moltiplicazione della speranza. Abbiamo tanto bisogno di moltiplicare la speranza! Preghiamo perché le organizzazioni di volontariato e promozione umana trovino persone desiderose di impegnarsi per il bene comune e cerchino strade sempre nuove di collaborazione a livello internazionale»*.
Essere volontari, sottolinea il Papa, non è un volontarismo ma una scelta, ovvero un esercizio proprio della libertà, una scelta che apre all’altro, che apre al mondo impedendo di restare autocentrati su di sé in un circolo egoistico deprimente e sterile. Non si fa volontariato per dovere, si fa volontariato per gratuità, per bellezza, per giustizia, per piacere.
Un’esperienza di liberazione autentica del nostro cuore, di sottrazione alle pretese dell’affermazione di sé e dei propri singoli interessi, esperienza che fa aprire le finestre del cuore e dell’anima. Come ha detto ai rappresentanti della Fondazione Don Gnocchi il 31 ottobre 2019: «La sofferenza dei fratelli chiede di essere condivisa, chiede atteggiamenti e iniziative di compassione. Si tratta di “soffrire con”, compatire come Gesù che per amore dell’uomo si è fatto Egli stesso uomo per poter condividere fino in fondo, in modo molto reale, in carne e sangue, come ci viene dimostrato nella sua Passione. Una società che non è capace di accogliere, tutelare e dare speranza ai sofferenti, è una società che ha perso la pietà, che ha perso il senso di umanità».
Il volontariato è la fatica di uscire per aiutare gli altri. La vita non è tempo che passa, ma tempo di incontro, recita una delle massime che si trovano nel libro, un vero manuale di umanesimo cristiano.
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