L’amore può supplire la mancanza di moltissime doti, ma a... (Leggi tutto)
Mi creda eminenza. Dopo cinque anni di assistenza spirituale al Gonzaga, in mezzo alla classe dei ricchi e dei borghesi, sento il bisogno urgente di un contatto più diretto col popolo, di una vita più sana e più vera, di un apostolato più concreto e conclusivo: e questo bisogno è diventato, in questi mesi di travaglio spirituale di fronte alla guerra, irresistibile e imperioso come una voce del Signore. Vostra eminenza sa che a questo passo non mi muovono ragioni passeggere o comunque umane, né tanto meno entusiasmi od esaltazioni politiche e patriottiche; ma solo l’insistenza di una voce interiore, che oserei chiamare vocazione, qualora vi accedesse l’approvazione di vostra eminenza. Sento che io non devo farmi assente in quest’ora tragica, là dove più acuta maturerà la crisi spirituale della guerra, per la fecondità a venire del mio ministero e per l’uso sempre più generoso della mia vita al servizio del Signore. E mi pare di aver ricevuto dalla Provvidenza anche i doni necessari a questa missione particolare.
Don Carlo Gnocchi, lettera al cardinale Schuster, 12 gennaio 1941
Ora, dovete sapere eminenza, che in questi 17 anni di sacerdozio, io ho sempre sentito aumentare la tendenza e la vocazione a darmi alla carità, e sono sempre rimasto in attesa che il Signore me ne indicasse il campo pratico. In questo momento di guerra, mi pare che il campo sia quello della vita militare, come esercizio di carità. Volesse il Signore, dopo la maturazione della guerra, di farmi vedere più chiaro e di assegnarmi un posto di lavoro in questo settore prediletto dell'apostolato. Questo intanto potrebbe essere un periodo di attesa, di preparazione e di chiarificazione.
Don Carlo Gnocchi, lettera al cardinale Schuster, 2 febbraio 1942
Ora ho bisogno di farvi una confidenza prima di partire, allo scopo che voi preghiate per me e facciate pregare durante la mia assenza. Da tempo io vado cercando la mia strada e tra le voci che si alternano alla mia coscienza c’è quella che mi vorrebbe dedicato per tutta la vita ad una missione di carità. Non vi nascondo che da quando conobbi don Orione ho sempre pensato che il campo del mio lavoro e della salvezza dell’anima mia potrebbe essere il Piccolo Cottolengo e la Congregazione vostra. Nulla però ancora di preciso e di definitivo mi è apparso come precisa volontà del Signore. Spero che questa nuova e dolorosa parentesi della guerra, la maturazione degli anni e la preghiera dei buoni possa aiutare la chiarificazione della mia vocazione.
Don Carlo Gnocchi, lettera a don Sterpi, 25 giugno 1942
Avrei potuto mille, e mille, e mille volte morire con loro (in Russia). Ma con quale conseguenza? Non avrei fatto nient’altro che aiutare la morte a sconfiggere la vita, mentre, dentro di me, ad alta voce, gridava: “…ut vitam habeant, et abundantius habeant” (Perché abbiano la vita e l’abbiano in sovrabbondanza). Nel mio intimo, su quell’altare di apocalittica immolazione, lo Spirito mi consacrò a dedicarmi alla vita, ad ogni briciola di vita, ad ogni forma di vita, sia sul piano naturale sia sul piano soprannaturale.
Don Carlo Gnocchi, dalla testimonianza di mons. Aldo Del Monte, 10 gennaio 1946
L’uomo deve assolutamente superarsi e donarsi, pena la sua atrofia; l’individuo aspira con tutte le sue forze a diventare persona: ma questo non può avvenire se non servendo la vocazione per la quale è mandato nel mondo. Soltanto in questo caso il servizio non è ad avvilimento, ma ad edificazione della personalità; perché l’uomo non può servire se non quello che lo supera e lo eleva: e tale è la volontà di Dio, manifestata dalla vocazione temporale di ogni uomo.
Don Carlo Gnocchi, Restaurazione della persona umana, 1946
Una volta conosciuta, anche confusamente, la vocazione personale deve essere rispettata fedelmente e coerentemente obbedita. Nessuno, né l’individuo, né la società, né l’educatore può, in nessun caso, arbitrarsi a stornare un uomo dalla missione assegnatagli dalla natura, per affidargliene un’altra, anche apparentemente migliore e superiore, secondo arbitrarie concezioni o artificiali pianificazioni della società, tracciate dall’uomo. Solo l’Onnipotente conosce il finalismo delle anime e della società e la fedeltà al disegno di Dio è il modo più conforme, tanto al pieno sviluppo della persona umana, quanto al profitto stesso della società. La natura però non s’inganna e non inganna. Alla vocazione personale corrisponde un complesso di attitudini e qualità personali, tendenze, possibilità, impulsi proporzionati al fine da raggiungere nell’ordine naturale e in quello soprannaturale.
Don Carlo Gnocchi, Restaurazione della persona umana, 1946
Nessun uomo può essere, e tanto meno essere reso, copia di un altro perché egli è copia di Dio, riflesso di una delle sue infinite qualità e una faccia del suo prisma… È dovere di ogni uomo verso se stesso e della società verso ogni uomo, di conservare, di rispettare e di sviluppare questa originalità della persona, sigillo della sua divina origine per meglio attuare il disegno di Dio sull’individuo e sulla storia.
Don Carlo Gnocchi, Restaurazione della persona umana, 1946
Non ogni lavoro però è ugualmente valido alla edificazione della persona e della società, ma soltanto quel lavoro che corrisponde alla vocazione personale di ciascuno e alla superiore economia della società… Nella scelta del posto di lavoro, l’uomo deve cercare di arrivare il più vicino possibile a interpretare le intenzioni e il disegno della natura.
Don Carlo Gnocchi, Restaurazione della persona umana, 1946
La “vocazione imperiosa” dei poliomielitici è diventata autentica ossessione. Ho sentito che assolutamente, urgentemente, il Signore vuole quest’opera; ebbi in taluni momenti l’impressione di un comando e di una pressione quasi fisica.
Don Carlo Gnocchi, da un appunto mons. Montini, 8 agosto 1952