CHIESA

Frammenti antologici

Le associazioni cattoliche non sono né un collegio né, tanto meno, case di correzione; nessuna costrizione vi trascina i ragazzi, nessunainferriata ve li incatena, Essi devono venire spontaneamente, rimanervicon passione, partire con rimpianto. L’ Oratorio e l’Associazione devonoessere una casa e una famiglia. A questo scopo non servono né sanzioni,né attrazioni, ma unicamente l’amore. Se il ragazzo non sente di essere amato - e la natura l’ha dotato di un provvidenziale e infallibile istinto per conoscere chi gli vuole il vero bene - finisce per stancarsi e per andarsene inesorabilmente.
Don Carlo Gnocchi, Andate ed insegnate, 1934 

Permane tuttora nel clima della vita cristiana uno dei tanti errori del liberalismo, l’innaturale sganciamento del laicato dal sacerdozio e il conseguente pregiudizio che la missione apostolica sia genere di monopolio ecclesiastico. E sì che da Roma ne sono usciti per il mondo di richiami, di lettere e di encicliche in questo primo quarto di secolo, a dimostrare che “l’apostolato non è una virtù dei sacerdoti di lusso, ma un dovere, come l’amor di Dio, di cui è una folgorazione potente; lungi dall’essere un’opera supererogatoria, è un precetto facente parte dell’essenza stessa della dottrina cattolica”.
Don Carlo Gnocchi, Andate ed insegnate, 1934 

Non posso invece consentire nei suoi disegni riformatori. È vero che non tutto nella Chiesa è perfetto, in quanto costruzione umana, ma è altrettanto, storicamente, vero che vi è un processo di perfezionamento e di adeguamento ai bisogni dei tempi, che si opera automaticamente e sotto l’influsso dello Spirito santo che governa la Chiesa. “Sarò con voi fino alla fine dei secoli”, l’ha detto Gesù e quindi non potrà permettere che la Chiesa cada in errore nelle verità essenziali. E l’amministrazione umana, come lo Stato, trova in sé le forze naturali di sviluppo e d’adattamento. Creda: è falso il cliché razionalista dei cosiddetti santi riformatori. Questi, se piaghe trovavano nella Chiesa e se ne rammaricavano, la riforma cominciarono ad operare su di sé, santificandosi, facendone penitenza, e poi la loro santità come un santo contagio, si diffondeva per le membra della Chiesa ad operare la riforma. È la vera comunione dei santi. Solo in questo senso dovremmo cercare di essere riformatori. Ed è l’unica forma efficace: operare dal di dentro, più che dall’esterno.
Don Carlo Gnocchi, lettera a Delia Rossi Pasotti, 28 luglio 1935

Ripenso in questi giorni spesso al vostro invito a pensare ad una mia sistemazione, ripetutamente fattami dopo il mio ritorno dalla vita e dall'apostolato militare. E non so ancora decidermi. Vi rivelerò filialmente, eminenza, anche un fatto intimo della mia vita spirituale. Quando il 18 gennaio dell'anno scorso, in Russia, io mi trovai accerchiato dal nemico e già in procinto di cadere prigioniero dei russi, feci un voto. Che se il Signore mi avesse liberato (come miracolosamente avvenne) avrei dedicato tutta la mia vita ad un'opera di carità. Intendevo in quel momento un'opera destinata ai poveri, agli orfani, agli sventurati; quella che la Provvidenza avrebbe creduto di indicarmi per l'avvenire. Il voto corrispondeva ad un disegno da lungo tempo accarezzato al Gonzaga. Ora anche vostra eminenza sa una delle ragioni intime che mi fa tardo e indeciso nell'accettare il vostro invito alla parrocchia. Mi pareva più facile dirlo alla vostra paternità spirituale da questa casa di don Orione, focolare di carità.
Don Carlo Gnocchi, lettera al cardinale Schuster, 20 giugno 1944

Solo la Chiesa, tutta la Chiesa, ha la grazia e la forza di costruire una diga di difesa per tutta la vita… La Chiesa conosce una frontiera sola a favore della vita: perché quella soprannaturale è sostegno e condizione anche di quella naturale.
Don Carlo Gnocchi, dalla testimonianza di mons. Aldo Del Monte, 10 gennaio 1946

Né tu, né io, abbiamo di che lamentarci con il Signore per quanto sta avvenendo nei nostri disegni, perché niente accade senza la sua permissione. Anzi, ti dirò di più. Egli si serve anche delle circostanze e persino delle debolezze dei preposti alla nostra guida. La Chiesa è pur fatta di uomini e il Signore le affida la distribuzione dei suoi misteri. Anche i vescovi sono uomini. E Dio si può servire persino delle loro fragilità per farci scoprire la nostra strada.
Don Carlo Gnocchi, lettera a mons. Aldo Del Monte, 15 gennaio
1946

Noi dobbiamo arrivare a dimostrare al Consiglio di amministrazione di questa Casa che soltanto i sacerdoti, cioè la Chiesa cattolica, per la carità di Nostro Signore, sono in grado di dare prosperità e continuità ad un’opera come questa. Bisogna che noi ci rendiamo indispensabili per questo; apprezzati, desiderati, utili a tutto.
Don Carlo Gnocchi, lettera a don Pensa, 25 agosto 1946

Certo vostra eminenza, quando sembra rimproverarmi o rammaricarsi di questo mio lavoro, non ricorda una mia lettera che confidenzialmente mi permisi di scriverle dopo la campagna di Russia. In essa io le confidavo che, in momenti di grave pericolo della mia vita, ho fatto voto di dedicarla ad un'opera di carità. E in quella stessa lettera chiedevo a vostra eminenza che mi volesse indicare qualche opera di carità diretta e di natura ecclesiastica alla quale io potessi dare la mia attività. Vostra eminenza non credette allora e poi di indicarmene alcuna, ed io mi appigliai a quella che la divina Provvidenza sembrò offrirmi nell'opera di Arosio. Ecco tutta la genesi della mia… irrequietezza, e la sua logica interiore.
Certo, ripeto ancora come in una lettera abbastanza recente, io avrei preferito lavorare più direttamente per la santa Chiesa e per una delle sue opere, e quando vedo il successo che in quest'anno ha coronato il mio piccolo lavoro, non posso intimamente dolermi di doverlo dare ad un'istituzione che - per ora - non è ancora “nostra”.
Don Carlo Gnocchi, lettera al cardinale Schuster, 7 novembre 1946

Quando si è già sul posto e si sono rivelate delle qualità, quando ci si è resi indispensabili, è facile occupare definitivamente la posizione. E questa posizione avanzata di carità cristiana sarebbe una conquista veramente preziosa, io credo, per il regno di Dio nella carità.
Don Carlo Gnocchi, lettera a don Pensa, 8 novembre 1946

È il primo esperimento del genere destinato ai bambini mutilati e anche a Roma vi guardano parecchi e da parecchie parti. Bisogna che si veda che soltanto la Chiesa sa fare e fare presto e fare bene per rispondere alle nuove categorie di poveretti usciti da questa guerra inumana.
Don Carlo Gnocchi, lettera a don Pensa, 3 gennaio 1947 

L’iniziativa è caldamente patrocinata da sua eccellenza Montini, già avviata presso il Governo e la sua presidenza è stata affidata a me. Credo che i suoi sviluppi potranno essere di vasto raggio e di utilità grande, soprattutto per tenere questa particolare forma di assistenza alla gioventù, nell’ambito della Chiesa e della carità cristiana. Questa novità… mi ha spinto a porre a Padre Gemelli il quesito della coesistenza di questi impegni… Cosicché ho dato le dimissioni da assistente ufficiale.  Comprendo eminenza come anche questo mio passo venga a corroborare il giudizio di instabilità che ella ha di me e spesso esprime. Ciò mi addolora, ma è da parte mia inevitabile, perché si tratta del bene delle anime, dinnanzi al quale il mio personale deve scomparire, fosse anche il bene della stima tanto desiderata del mio Cardinale.
Don Carlo Gnocchi, lettera a don Pensa, 3 gennaio 1947 

Ci sono delle situazioni più forti è obbliganti di noi: l’opera dei piccoli mutilati di guerra, che credo sia l’unica sorta dopo questo conflitto nel giardino della carità cristiana e che onora certamente il clero e la Chiesa, è ormai quella che è. Io ho agito senza programmi, direi che me la sono trovata adulta e sempre crescente tra le mani. Ora, non potendo coesistere con un’altra, qual è quella dell’assistenza spirituale dei giovani universitari, a quale io dovevo cedere? Oppure, per salvare le apparenze, avrei dovuto dare poco all’uno e meno all’altra, continuando a tenere un posto che altri meglio di me potrebbe svolgere al bene delle anime?
Don Carlo Gnocchi, lettera a don Pensa, 3 gennaio 1947

Ho costruito un’opera destinata alla loro salvezza fisica e morale, nella certezza di aver lavorato e di lavorare “unicamente” per la Santa Chiesa… Non mi nascondo i lati negativi di questa soluzione, ma io mi domando se poteva essercene una diversa e migliore per un sacerdote diocesano e per un’opera a carattere diocesano e portata “nazionale”. Tutto questo, a ogni modo, dopo che alla protezione della divina Provvidenza, così presente e operante in questa piccola impresa, devesi a vostra eminenza che mi ha consentito tanto larghezza e libertà di dedicarmi a essa, completamente. Permetta eminenza che le dica tutta la mia riconoscenza devota, perché, se non mi sono mancate e non mi mancano, logicamente, lotte, croci e difficoltà, ella mi ha permesso di realizzare un voto che risale ai giorni più drammatici della campagna di Russia, e io spero, per la misericordia di Nostro Signore, anche di mettere qualche cosa al tribunale supremo che possa salvarmi nel dì del giudizio.
Don Carlo Gnocchi, lettera al cardinale Schuster, 8 luglio 1949

Il ritiro è fatto e anche la decisione è presa; ho pensato, ripensato, e pregato; ho anche l’impressione che Dio abbia parlato, per dirmi che io non ho le doti di un fondatore di Congregazioni.
Don Carlo Gnocchi, da un colloquio con fratel Beniamino Bonetto, marzo 1950 

Ella mi conosce e sa che io non voglio nulla per me stesso: desidero soltanto servire la Chiesa.
Don Carlo Gnocchi, lettera a fratel Gioachino Gallo, 14 luglio 1950

Tale meta, le assicuro formalmente, è anche la mia; perché desidero che la nostra Opera sia tutto e soltanto della Chiesa: come fin troppo chiaramente, (qualcuno ha detto “spudoratamente”) indica l’articolo finale dello Statuto, che offre possibilità, quando si voglia e per qualsiasi ragione, di buttare tutto nelle braccia del Santo Padre.
Don Carlo Gnocchi, lettera ai Fratelli delle scuole cristiane, direttori dei Collegi, 21 giugno 1952