L’amore può supplire la mancanza di moltissime doti, ma a... (Leggi tutto)
È strettamente indispensabile una larga e profonda scienza del composto umano e una viva conoscenza psicologica del giovane e specialmente del giovane moderno… E chi ha letto anche solo il Carrel o il Biot sa quale mistero si nasconda sotto queste espressioni apparentemente semplici e quale intreccio di interferenze leghi e fonda in una unità sostanziale la vita del corpo e la vita dell’anima. L’unione e la compenetrazione dei due principi è tanto intima e completa che nulla vi è nell’uomo che sia esclusivamente spirituale e nulla che sia puramente fisico. Tutto è realizzato dall’unità umana, corpo animato e anima incarnata.
Don Carlo Gnocchi, I giovani del nostro tempo e la direzione spirituale, 1940
Il mio progetto va oltre la pastorale di assistenza… Lui assiste con amore la vita che c’è. Io vorrei recuperare e intensificare, attraverso la riabilitazione, la vita che non c’è, ma ci potrebbe essere. Andare alla ricerca di tutti i più piccoli frammenti perché anche questi lodino il Signore.
Don Carlo Gnocchi, dalla testimonianza di mons. Aldo Del Monte, 10 gennaio 1946
Vorrei che i nostri centri di accoglienza, da una parte fossero laboratori di ricerca e di applicazione scientifica dei metodi più validi per recuperare ed elevare la vita. Da un’altra parte vorrei che diventassero scuole protese ad alimentare le potenzialità del mistero d’amore che c’è nel piano di Dio.
Don Carlo Gnocchi, dalla testimonianza di mons. Aldo Del Monte, 10 gennaio 1946
Anello di congiuntura tra il mondo della materia e il mondo dello spirito, l’uomo è un “composto” sostanziale di anima e di corpo. Situato nel punto esatto di incontro e di inserzione tra la materia che sale-movimento dal basso in alto-e lo spirito che discende -movimento dall’alto in basso- l’uomo è la materia più perfettamente organizzata e lo spirito più strettamente immedesimato nella materia; tanto che può dirsi “carne animata e anima incarnata”. Una distinzione fra i due costitutivi metafisici della sua natura, tra il corpo e l’anima, non si può fare in concreto; nella realtà non esiste che l’uomo, il vivente umano, che compie ogni sua azione, non esclusa quella spiritualissima del pensare, col corpo e con l’anima congiunti e indistinti, e l’unione fra le parti del composto è la più stretta consentita a elementi tanto eterogenei. Non è infatti l’incarnazione dell’anima nel corpo di cui poeticamente parlò Platone, non è il dissolvimento dello spirito nella materia insegnato dal panteismo, non è la collateralità delle due parti così comune alle concezioni volgari, ma è l’unione sostanziale, capace di formare dei due elementi un’unica natura: la natura umana.
Don Carlo Gnocchi, Restaurazione della persona umana, 1946
Il corpo umano è posto al centro di una coralità fisica ricca e vasta quanto l’universo che esso riassume e rappresenta completamente. Chi potrà mai dire fino a quali profondità e a quale capillarità si spingono le radici del suo essere fisico nel terreno della materia che lo ha preceduto e che lo circonda? Il corpo non è che un composto di sostanze prese da tutta la natura e organizzate; l’azione fisica dell’uomo è composta da forze prelevate a tutte le energie cosmiche. Sicché la persona umana, per mezzo e attraverso il suo aspetto corporeo, viene a estendersi nel tempo e nello spazio e a partecipare alla grande vita, non solo della terra, ma altresì a quella misteriosa del cosmo… In tal modo la personalità umana, per mezzo del suo corpo, è sottoposta alle influenze del mondo materiale, dai ritmi dell’infinitamente piccolo, dai cicli già noti della vita e dell’attività dei microbi, fino ai cicli immani e ancora confusi del grande mondo astrale e cosmico, e si immerge, si irradia e partecipa alla grande vita del tutto. Cosicché… viviamo del mondo, come viviamo nel mondo. L’anima tutta intera è l’anima insieme al corpo, e il corpo intero è il corpo insieme col mondo universo.
Don Carlo Gnocchi, Restaurazione della persona umana, 1946
Non esistono malattie, ma malati, cioè un dato modo di ammalarsi proprio di ciascuno e corrispondente alla sua profonda individualità somatica, umorale e psicologica. La grande abilità del medico è quella di riuscire a comprendere, o meglio a intuire la personalità fisiologica di ciascun paziente… Uno dei peggiori flagelli della terapeutica è perciò la mancanza di individualizzazione, per cui si applica uniformemente a tutti i malati lo stesso regime dietetico, si prescrive a tutti lo stessa misura di moto o di riposo, le stesse formule medicamentose, senza tener conto delle capacità digestive, della diversa facilità di adattamento e soprattutto dei diversi temperamenti.
Don Carlo Gnocchi, Restaurazione della persona umana, 1946
Gli organi e le singole parti hanno bisogno del benessere generale del corpo per agire perfettamente e il corpo ha bisogno della sanità e integrità di tutte le parti per vivere nel benessere.
Don Carlo Gnocchi, Restaurazione della persona umana, 1946
Ogni restaurazione della persona umana, che non voglia essere parziale, effimera o dannosa come quelle finora attuate dalla civiltà, non può essere quindi che la restaurazione della persona di Cristo in ogni uomo.
Don Carlo Gnocchi, Restaurazione della persona umana, 1946
Qui occorre… un educatore, possibilmente anche ferrato scientificamente, un organizzatore geniale e intraprendente, un uomo adatto anche per i contatti con l’esterno: un capo insomma, un creatore. Perché l’assistenza ai piccoli mutilati è un’assistenza complessa e specializzata, sia dal punto di vista pedagogico che da quello chirurgico e professionale; non bastano le competenze sufficienti a dirigere o a far prosperare un collegio di orfani, di artigiani o anche di minorati comuni… Alla Casa del Piccolo Mutilato ormai si guarda da tutta l’Italia (ne è prova l’udienza e il discorso del Santo Padre, il ricevimento del presidente Einaudi, l’interesse continuo e crescente della stampa, le visite delle autorità, del pubblico e degli stranieri), essa è “una lucerna che non si può mettere sotto il moggio”; per cui non deve essere condotta al modo di un ospizio di carità o - absit iniuria verbis - come un piccolo Cottolengo (per definire così un determinato tipo di carità rispettabile, tradizionale e sacro, ma destinato a determinate categorie di poveri).
Don Carlo Gnocchi, lettera a don Pensa, 30 ottobre 1948
Uno di tali sentimenti è naturalmente la “speranza”, incoraggiata da questo primo passo di liberalità, che il governo possa fare presto anche gli altri passi per la vita della Federazione, che è e vuol essere una dimostrazione di quella che è la funzione dell’iniziativa privata nel campo dell’assistenza, dove se lo Stato non può fare senza i cittadini, i cittadini non possono fare senza lo Stato.
Don Carlo Gnocchi, lettera a Giulio Andreotti, 15 novembre 1949
Non c’è che un modo per pacificare queste anime tormentate e derelitte, quello di rendere normale la loro anormalità, facendoli vivere in una società dove la loro infelicità sia la regola, non l’eccezione, e dove si possano stabilire quei rapporti normali che soli possono formare una personalità equilibrata. A questa condizione soltanto, gli interventi parziali della chirurgia, dell’ortopedia, dell’istruzione scolastica e professionale possono avere un effetto duraturo e approdare alla riabilitazione totale.
Don Carlo Gnocchi, relazione al convegno dell’Unesco a Ginevra, 22 febbraio 1950
È l’ora di importanti decisioni. Abbiamo elaborato una dottrina psicologica e morale, tecnica e spirituale, individuale e sociale dei mutilatini, ed abbiamo già in esercizio qualche non trascurabile Centro di recupero; ora si tratta di consolidare queste realizzazioni, dar lorouna forma definitiva, e dilatarle fino a raggiungere tutti i motulesi che sono migliaia. Ci vogliono altri Collegi, e, più che i Collegi, i “quadri” del personale che li deve far funzionare alla perfezione.
Don Carlo Gnocchi, dialogo con fratel Beniamino Bonetto, marzo 1950
Nei collegi della Pro Juventute è in atto anzitutto il recupero morale e psicologico del fanciullo, attraverso una pedagogia basata prevalentemente sul potenziamento della volontà ed arricchita dalle forze soprannaturali messe a disposizione del cristianesimo; il recupero e la rieducazione allo studio e al lavoro professionale attraverso scuole ed officine differenziate; il recupero sociale costituito dalle suggestioni di un ambiente omogeneo ove non possono formarsi complessi di inferiorità, e dalla educazione alla vita di relazione. A questo si aggiunge ora anche il recupero fisiologico. Terapia dunque dell’anima e del corpo, del lavoro e del giuoco, dell’individuo e dell’ambiente: psicoterapia, ergoterapia, fisioterapia, il tutto armonicamente convergente alla rieducazione della personalità vulnerata; medici, fisioterapisti, maestri, capi d’arte ed educatori, concordemente uniti nella prodigiosa impresa di ricostruire quello che l’uomo o la natura hanno distrutto o almeno, quando questo è impossibile, di compensare con la maggior validità nei campi inesauribili dello spirito, quello che è irreparabilmente perduto nei piani limitati e inferiori della materia.
Don Carlo Gnocchi, inaugurazione del Centro fisioterapico di Roma, 25 marzo 1954
Se la società è un organismo dove “tutto si tiene”, questa armoniosa e dinamica coralità vige anche tra le parti di ogni singolo individuo. La fisioterapia pertanto può conseguire risultati, magari imponenti, soltanto a patto che sia terapia di tutto l’uomo e non soltanto del suo settore fisico. Per la semplice ragione che non esiste, nell’uomo, una minorazione che limiti il proprio danno al campo fisico e non lo estenda, più o meno, anche al campo morale, psicologico, professionale e sociale. Quindi, come la minorazione è sempre un attentato all’integrità della persona umana, così la rieducazione ed il recupero di una minorazione deve interessare integralmente tutta la personalità dell’uomo.
Don Carlo Gnocchi, inaugurazione del Centro fisioterapico di Roma, 25 marzo 1954
Condividere la sofferenza è il primo passo terapeutico.
Don Carlo Gnocchi, discorso ai medici, 1954
Il modo più rapido, più economico e più conclusivo per lo Stato di attuare i propri compiti assistenziali è quella di entrare in stretta e fiduciosa collaborazione con l’iniziativa privata. In questa umanissima attività, dove la giustizia e la carità si danno la mano, fin quasi a confondersi, né lo Stato può fare senza l’iniziativa privata, né questa deve fare senza lo Stato. La giustizia retributiva può giungere anche ad organizzare una società lucida e perfetta come una macchina, ma appunto perché tale, arida ed effimera, dove venga a mancare l’olio della carità individuale.
Don Carlo Gnocchi, “Vinta la battaglia per i mutilatini”, in Concretezza, 15 aprile 1955
Nell’esercizio dell’assistenza sociale, l’ “opus perfectum” si trova soltanto nel connubio tra la giustizia e la carità, tra lo Stato e l’individuo, perché l’attività assistenziale, in quanto riguarda prevalentemente l’ora del bisogno, della prova e del dolore umano, è forse una di quelle che più da vicino attingono il sacrario misterioso della persona umana, dinanzi al quale lo Stato, e tanto più quello democratico, deve riverentemente arrendersi ed agire.
Don Carlo Gnocchi, “Vinta la battaglia per i mutilatini”, in Concretezza, 15 aprile 1955
Il primo dovere della società verso i giovani minorati è quello della reintegrazione delle capacità fisiche, se possibile, e nella misura in cui essa è possibile. Per essi l’unica medicina e la più sicura salvezza sta nel lavoro, nella cultura e nella professione, nel dar loro uno scopo ed un mezzo di vita e nel farne elementi normali della società.
Don Carlo Gnocchi, “Conseguenze sociali della poliomielite in Italia”, in Concretezza, 15 giugno 1955
L’idea che ha mosso sinora la nostra attività è stata di assicurare le cure, l’assistenza sociale, l’istruzione generale e professionale al minore lesionato fisico, lavoro proficuo, adeguato alla sua minorazione, al suo temperamento e all’ambiente economico e sociale dal quale proviene.
Don Carlo Gnocchi, “Programma sull’assistenza in corso ai poliomielitici”, in Concretezza, 15 giugno 1955
Qualunque possa essere il responso definitivo della scienza e dell’esperienza, una cosa è certa: che purtroppo avremo ancora una quota di bambini… resi invalidi dall’oscura e crudele malattia. Anche questi innocenti hanno diritto alla vita, alla integrità e alla dignità assicurata, forse, ai loro fratelli, dai nuovi ritrovati. Anch’essi devono essere recuperati, almeno socialmente, con l’apprendimento di una professione e di un mestiere che garantisca loro una vita dignitosa e indipendente.
Don Carlo Gnocchi, dalla lettera a tutti i genitori, 1955
Vorremmo fare una casa tipica per questi ragazzi; cioè una casa pensata al servizio di bambini non autosufficienti. Quindi dove tutto, dalla sedia al banco, al letto, al servizio, al campo da gioco, ai pavimenti, alle pareti, alle porte che devono essere larghe per il passaggio di carrozzine, sia pensato in funzione di una comunità non deambulante con i propri mezzi, non autosufficiente.
Don Carlo Gnocchi, da un’intervista radiofonica, 1955
Vedi, non centri ospedalieri, ormai superati dalla concezione moderna, ma centri ospedalieri sociali, dove vi sia la possibilità di aprire convitti e scuole di pronta riqualificazione. Quando infatti arrivano ad una certa età, è proprio allora che i giovani disabili hanno bisogno di aiuto. Se non abbiamo dato loro la preparazione professionale e un mestiere secondo le loro possibilità, cosa faranno nella vita? A un certo punto naufragheranno nella loro tragedia.
Don Carlo Gnocchi, dalla testimonianza di Adrio Casati, 28 febbraio 1957