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La riabilitazione può iniziare anche da ciò che piace fare di più. È quello il “gancio” per aprirsi e acquisire sicurezza in se stessi e il primo passo per tornare alla quotidianità perduta. Così è stato per Salvatore, 69 anni, di Firenze, vittima tempo fa di un terribile incidente stradale, che ha fatto del disegno e della pittura, la chiave di volta del suo percorso riabilitativo.
«Dipingo da quando sono bambino – racconta – e avevo smesso di farlo da qualche anno per mancanza di tempo: facevo il grafico e l’illustratore delle pubblicità. Sono nato in Sardegna, ho vissuto a Roma e poi mi sono trasferito a Firenze. Per me la pittura è sempre stata la mia vita, non riuscivo a farne a meno. Ho ripreso a dipingere proprio mentre iniziavo la riabilitazione al "Don Gnocchi" di Firenze ed è stato un aiuto fondamentale».
È proprio in palestra, complice Caterina Gabellieri, la terapista occupazionale, che Salvatore ha ripreso in mano i pennelli e i colori: «Dopo un trauma come quello di Salvatore – spiega la terapista – i pazienti sono confusi, hanno quasi paura a fare dei movimenti anche minimi, sono come bloccati e allora cerco di stimolarli a fare qualcosa che a loro piace: se per loro è importante, saranno più motivati a farlo e così facendo si sbloccano sul piano motorio. Ci sono stati pazienti che hanno ripreso a suonare uno strumento musicale, lui ha ripreso a dipingere. Su questa base abbiamo stabilito l’alleanza terapeutica e la gioia di dedicarsi alla sua grande passione è stata lo stimolo decisivo a impegnarsi anche al resto, come lavarsi e prendersi cura di sé».
«La cosa stupefacente – osserva Nicoletta, la moglie, sempre presente in ogni momento del suo percorso – era la destrezza manuale con cui riusciva a impugnare pennelli anche molto sottili: quasi non riusciva a vestirsi da solo o a farsi la barba, ma era abilissimo nel maneggiare matite e pennelli».
Il team riabilitativo insieme a Nicoletta e Salvatore. Da sinistra: Lorenzo Capolli, Laura Bellini, Caterina Gabellieri, Camilla Grifoni
Prima di tutto questo, Salvatore era stato quattro settimane in coma e dell’incidente ricorda solo che era fuori da una pizzeria in attesa, quando è sopraggiunta un’auto che ha investito lui e un’altra persona: «Non ho visto l’auto arrivare – ricorda Nicoletta – ho solo sentito un colpo molto forte e ho visto mio marito prendere letteralmente il volo e cadere sbattendo la testa violentemente. Sono accorsa subito, perdeva sangue, non era cosciente e quando è arrivata l’ambulanza temevo non ce la facesse a sopravvivere. L’ho poi rivisto in terapia intensiva a Careggi e per diverse settimane è rimasto in pericolo di vita. Poi finalmente i primi segnali di ripresa, il risveglio e il trasferimento al "Don Gnocchi"».
Salvatore non ricorda nulla. «Al suo arrivo – aggiunge Camilla Grifoni, referente medico per il reparto di riabilitazione per pazienti con Gravi Cerebrolesioni Acquisite – Salvatore era stato trasferito dalla terapia intensiva come esito di coma in politrauma; all’arrivo era confuso e agitato, un paziente complesso sia dal punto di vista clinico che riabilitativo. Abbiamo iniziato il programma riabilitativo con la presa in carico fisioterapica, logopedica e neuropsicologica. La terapia occupazionale ha aiutato Salvatore a riprendere consapevolezza di sé e grazie all’intuizione di Caterina ha iniziato a dedicarsi alla sua grande passione, la pittura: è così che abbiamo strutturato un percorso con lo stimolo all’operosità, quella connessione alla vita che prima faceva. Nell’ambito del progetto riabilitativo abbiamo chiesto a Salvatore di disegnare un logo per il nostro reparto, lui ex grafico si è sentito gratificato e responsabilizzato da questa richiesta. Interessante la visione da parte del paziente del team GCA».
Così è nato il logo (nella foto sotto) che mostra due persone che si tengono per mano, una (l’operatore della riabilitazione) che quasi trascina l’altra (il paziente) ed entrambe sorrette da una grande mano (l’aiuto di Dio) e sopra, come degli ingranaggi, i meccanismi cerebrali che si rimettono in moto.
Come in tutti i percorsi riabilitativi, l’approccio è stato multidisciplinare, per cui, insieme a Caterina hanno lavorato con Salvatore Laura Bellini, logopedista, per la rieducazione del linguaggio; Lorenzo Capolli, fisioterapista per l’aspetto motorio e Marco Borsotti, neuropsicologo e psicoterapeuta per gli aspetti cognitivi e il supporto psicologico; Annamaria Romoli, neurologa e Camilla Grifoni, internista, tutti sotto il coordinamento del professor Claudio Macchi, Direttore del Dipartimento di riabilitazione dell’IRCCS fiorentino della Fondazione Don Gnocchi.
«In questo reparto ho trovato tantissima disponibilità – ricorda con emozione Salvatore – tutti avevano una parola positiva per me, rispondevano alle mie domande e io ero sereno: per noi resteranno persone indimenticabili».
«Ricordo un infermiere – aggiunge Nicoletta – che doveva cambiargli una medicazione e che gli diceva: “Salvatore, mi dispiace, forse ti farò un po’ male” e gli ha fatto una carezza».
«Quando sono stato dimesso – riprende Salvatore – camminavo aiutandomi con un rollator, che poi col tempo ho lasciato e sono passato al bastone, sempre guardato a vista da Nicoletta. A volte mi alzavo e camminavo da solo senza aiuto. Adesso sto bene, ho ripreso la mia vita quasi come prima, non ho difficoltà particolari nei movimenti e ho persino ripreso a guidare l’auto».
«Salvatore si è fidato ed affidato a chi lo stava curando – aggiunge ancora Nicoletta – ha accettato la sua condizione e si è lasciato guidare senza opporre resistenza: forse sta qui il segreto del suo recupero. E poi c’è la speranza, che è alla base di tutto. Il compito di noi famigliari è quello di alimentarla senza mai farla diventare illusione e senza perdere mai il contatto con la realtà».
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