Il progetto - attivato al Centro S. Maria ai Colli -... (Leggi tutto)
Due mesi fa sono stata sbalzata dal bus, per la distrazione dell’autista che «non mi ha vista». Rimessi insieme i pezzi, ho raggiunto zoppicante il padiglione F del Centro IRCCS “S. Maria Nascente” di Milano della Fondazione Don Gnocchi (foto sotto), pesante di rabbia e di dolori. Roba da poco, in confronto a vere, grandi sofferenze che si incontrano per i corridoi della struttura. Ma pur sempre quelli rimanevano il mio dolore e la mia rabbia…
Al primo piano qualcuno mi ha vista e mi ha guardata. Non erano il mio ginocchio, la mia caviglia… Ero io, con il mio dolore. E lì, nel momento in cui ho sentito fare il mio nome è iniziata la terapia. La terapia dello sguardo accogliente, la terapia dell’ascolto, la terapia della comunicazione, la terapia dell’incontro. Poi, certo, gli strumenti manovrati con perizia, ma senza presunzione, e il continuo controllo che tutto funzioni, ma prima ancora l’osservazione dello stato fisico e psicologico della persona. Il tutto orchestrato da un coordinatore che non ha perso di vista nulla e nessuno. Tutti e tutto nell’armonia di una partitura senza stonature.
Ci saranno onde sonore, onde luminose, campi magnetici che vanno a tempo, ma c’è anche il tempo prezioso della parola offerta e raccolta, il tono sommesso e discreto che da spazi misurati si dilata in echi profondi di intesa e familiarità discreta e delicata. Tutto rispetta la misura di una concertazione precisa, armonica, non solo tecnica. E in quelle armonie vibrano sguardi e gesti accurati, ma leggeri, non manierati. Autentici.
Oggi esco ancora un po’ zoppicante, sui “pezzi” che si portano il peso del mucchio dei miei anni, ma esco alleggerita dalla zavorra della rabbia. Incontrerò ancora autisti di bus disattenti, ma non dimenticherò che in qualche spazio di Milano c’è anche chi lavora con competenza e senso di responsabilità coniugati con il senso di umanità.
Allora, grazie a tutti! Ci rivedremo.
Maria Teresa
Ufficio Stampa Fondazione Don Gnocchi
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