Il progetto - attivato al Centro S. Maria ai Colli -... (Leggi tutto)
di Francesca Dutto
medico specialista in geriatria
Centro “S. Maria ai Colli - Presidio Sanitario Ausiliatrice”
Fondazione Don Gnocchi, Torino
Era una limpida mattina di ottobre e mi ero lasciata alle spalle il traffico e i clacson delle auto della città di Torino per arrivare alla strada silenziosa immersa nell'autunno che mi portava al Centro “S. Maria ai Colli - Presidio Sanitario Ausiliatrice” (nella foto sotto), la struttura della Fondazione Don Gnocchi nella quale lavoro come medico. Questo tratto collinare a poca distanza dal centro urbano e il piazzale davanti alla clinica, immerso nella pace degli alberi, riuscivano a trasmettere una serenità profonda, un'energia potente. I colori vivi e incredibili del fogliame che mi circondava si mescolavano in un'immensa dolcezza.
Arrivai tranquilla nel reparto di degenza, per occuparmi dei pazienti e di un nuovo ricovero previsto in mattinata. Incrociai lo sguardo del nuovo paziente, il signor Michele, in corridoio, mentre veniva accompagnato dal personale dell’ambulanza in quella che per alcuni mesi sarebbe stata la sua stanza. Al mio ingresso nella camera, il saluto di Michele fu caloroso, con la mano aperta e gli occhi luminosi. Michele non riusciva a parlare come avrebbe voluto, e molto spesso perciò rimaneva in silenzio. La storia della sua malattia era simile a molte altre incontrate in questo reparto: aveva avuto un'estesa emorragia cerebrale, era stato in coma per diversi giorni, era stato intubato, aveva respirato attraverso una tracheotomia per più di due mesi, veniva ancora nutrito artificialmente attraverso un sondino perché non riusciva a deglutire.
Immagini d'archivio di attività riabilitative dai Centri in Italia della Fondazione Don Gnocchi
L’immobilità prolungata gli aveva causato gravi problemi di neuropatia agli arti inferiori. I muscoli non gli permettevano di eseguire movimenti completi e non riusciva a camminare: Michele riusciva ad alzarsi solo se aiutato e stava in piedi solo per pochi secondi, sostenendosi con il deambulatore. Erano presenti alla visita anche la fisioterapista, la logopedista, la neuropsicologa.
Michele ha risposto brevemente e con un filo di voce alle nostre domande, raccontando le parti più importanti della sua recente storia in ospedale. La sua memoria era conservata, le sue capacità di ragionamento erano intatte. La sua concentrazione stava migliorando con il tempo, e finalmente, ci spiegò, riusciva a leggere dei libri. I suoi occhi scuri erano vivi e malinconici, avevano attraversato la disperazione, avevano paura. La malattia fa paura, modella l'identità, riesce a mettere in dubbio tutta la storia che un individuo ha scritto con la propria vita, la sua importanza, la sua unicità. Ma in quegli occhi c'era anche una grande energia, la voglia di rapportarsi con gli altri, l'accettazione di una sfida di cui non sapeva ancora la portata.
Insieme a tutta l’équipe riabilitativa, abbiamo programmato per Michele i trattamenti di fisioterapia, logopedia e neuropsicologia. Abbiamo accompagnato al nostro meglio il lavoro e i progressi di Michele, che ha sempre mostrato tanta determinazione ed una grande capacità di fare squadra con tutta l'équipe. Gli obiettivi motori principali sono stati recuperare il tono muscolare, migliorare la postura da seduto e in statica eretta, migliorare l'escursione delle articolazioni e consentirgli di camminare. Il primo grande risultato è stato riuscire a camminare con l'ausilio di un deambulatore, anche usando un tutore per correggere un grave deficit di flessione del piede destro. Le distanze percorse si sono fatte sempre più lunghe, i movimenti sempre più sciolti, la sua forza aumentava.
Michele è tornato a camminare agevolmente con un bastone. Il suo lavoro con la logopedista, per la deglutizione e la capacità fonatoria, è stato lungo e faticoso. Inizialmente, gli esercizi gli richiedevano di deglutire piccolissime quantità di liquido o di consistenze cremose. La capacità di deglutire era monitorata regolarmente dal medico foniatra e inizialmente Michele temeva di non poter più mangiare e bere come prima. Ora, dopo alcuni mesi, finalmente può mangiare i suoi cibi preferiti e può bere con la cannuccia. Il sondino per l’alimentazione artificiale gli è stato rimosso ed è ormai solo un ricordo. Anche la sua voce è tornata quella sonora e limpida di un tempo.
Michele è stato preso in carico anche dal servizio di psicologia per l'orientamento e l'accompagnamento professionale, per valutare un progetto di reinserimento lavorativo: è sempre stato un appassionato lavoratore e questo percorso lo ha motivato molto.
Oggi, in una mite giornata di primavera, dopo sei mesi di ricovero insieme a noi, Michele si prepara per tornare a casa. L’emozione di questa mattinata è palpabile in tutto il reparto. Michele ha indossato i suoi abiti preferiti e il suo cappello. Il suo sguardo è radioso. Gli consegno la lettera di dimissione e lui si avvia con il suo bastone verso l’uscita, in compagnia della moglie. Sappiamo che ci incontreremo di nuovo, che Michele continuerà il suo viaggio anche con noi, in ambulatorio. Nel prato davanti alla clinica, sotto un sole gentile e nel profumo dei fiori, lo guardiamo allontanarsi e tornare nel mondo.
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