Il progetto - attivato al Centro S. Maria ai Colli -... (Leggi tutto)
Tiziana ricorda ancora quel momento, come se fosse oggi: «Erano le 5 e mezza del mattino del 6 settembre 2019: dovevo alzarmi per andare al lavoro, ma mi sono accorta che la parte destra del mio corpo non si muoveva; ero come un peso morto, incapace anche di parlare. Ho svegliato Roberto che si è reso conto di quello che stava succedendo e ha immediatamente allertato i soccorsi». Inizia così la storia di una vita stravolta all’improvviso ma oggi incamminata sulla strada di un lento recupero e di un parziale ritorno alla normalità.
Tiziana e Roberto – difficile scindere le loro vite – sono di La Spezia, hanno 63 anni e si sono conosciuti in mare, accomunati dalla grande passione per la fotografia e le regate di vela. Una vita sempre attiva la loro, tra le barche e i viaggi, e che improvvisamente subisce uno stop brusco e inaspettato a causa di un ictus. «Quel giorno – aggiunge Roberto – sembrava che il destino si fosse accanito contro di noi: c’era un fortissimo nubifragio su La Spezia e così è stato impossibile portare Tiziana a Genova, dove avrebbero potuto intervenire con una terapia apposita per aprire l’arteria e rendere meno drammatico l’effetto dell’ictus».
Dopo un mese di ospedale, Tiziana (nella foto sopra) arriva al Polo riabilitativo del Levante ligure di La Spezia della Fondazione Don Gnocchi, per la riabilitazione: «Non riuscivo a parlare – racconta - e nemmeno a riconoscere gli altri. Col tempo e con fatica ho ripreso a fare le cose più semplici, come deglutire e bere da sola; non riuscivo a camminare e quando mi hanno dimessa stavo su una sedia a rotelle, anche se in casa riuscivo a muovermi senza. Ogni aspetto della mia vita è rimasto colpito – prosegue Tiziana -: ho smesso di lavorare e anticipato la pensione, anche perché ero pendolare e non riuscivo più a prendere il treno; ho dovuto lasciare la fotografia, che era più di una grande passione; avevamo anche una piccola barca cabinata, presa solo pochi mesi prima, ma era troppo impegnativa e abbiamo rinunciato anche a quella».
«Quando Tiziana è stata ricoverata da noi – ricorda Benedetta Gnetti, coordinatrice del Day Hospital (nella foto sotto con gli altri operatori del Servizio) – era in condizioni gravi: era afasica, emiplegica nella parte destra, lei che è destrimane: ci guardava con quegli occhi azzurro mare con l’aria spaventata. La sua è stata una presa in carico globale: abbiamo fatto un lavoro molto delicato, di letterale ricostruzione della sua vita, perché riacquistasse fiducia nei propri mezzi».
Dopo il ricovero in degenza, Tiziana ha continuato a frequentare il "Don Gnocchi" di La Spezia per il Day Hospital, dove si reca regolarmente per le infiltrazioni di tossina botulinica e fare cicli di riabilitazione robotica per l’arto superiore. Più di recente, si è poi pensato di far diventare la passione di Tiziana per la fotografia un momento terapeutico: da un lato come esercizio per il recupero della manualità, dall’altro per documentare, tramite le sue capacità, le attività del Day Hospital, con la collaborazione degli operatori e degli altri pazienti.
Così è nato un servizio fotografico nel quale Tiziana da paziente diventa testimone e narratrice, tramite le immagini, delle attività del reparto.
Tecnicamente non è stato semplice, ma grazie all’inventiva e alla tenacia di Roberto, si è riusciti con mezzi di fortuna a modificare una macchina fotografica professionale in modo tale che Tiziana la potesse manovrare con la sola mano sinistra. «Volevamo mostrare l’importanza della fisioterapia e documentare una giornata al Day Hospital – spiega Benedetta Gnetti – per far capire che la vita non finisce con la malattia o una disabilità, ma prosegue in altro modo: come per la macchina fotografica di Tiziana, a volte basta introdurre delle piccole modifiche nelle nostre abitudini e si può proseguire a fare quello che ci piace, convivendo con la disabilità. Nelle foto si vedono i nostri pazienti compiere anche azioni di vita quotidiana, perché il nostro reparto è un po’ questo: un ponte per tornare alle attività di sempre».
Oggi Tiziana ha recuperato una discreta autonomia, cammina con un tripode, ma può muoversi anche senza e anche il linguaggio va decisamente meglio: è un percorso dove gli obiettivi cambiano passo dopo passo e dove la collaborazione con Roberto è fondamentale, anche perché il loro stile di vita è completamente cambiato.
«La difficoltà principale – aggiunge Roberto – sta nel trovare le informazioni giuste anche per le cose più banali, come la possibilità di fotografare con la mano sinistra, o trovare un ausilio che si possa applicare alle barche e consenta a persone con disabilità a scendere e risalire dal mare… Ho trovato difficoltà anche per capire come fare il pass disabili, o altre piccole cose; ho scoperto quasi per caso, come fare per il documento di invalidità dell’INPS. Piccoli e grandi problemi che ci piovono addosso e davanti ai quali ci sentiamo soli e siamo costretti ad arrabattarci con mezzi nostri».
«Se c’è stato un aspetto positivo di questa esperienza? Che abbiamo rinunciato a tante cose, ma ne abbiamo scoperte di nuove», risponde Tiziana.
Nel reportage di Tiziana non c’è solo il racconto della sofferenza, ma la vita che riprende con la sua normalità, nonostante la disabilità: un segnale di speranza e un invito a non mollare, per chi pensa che tutto finisca con la malattia.
Un racconto di condivisione e aiuto reciproco, dove tutti – a partire dal paziente e da chi gli è più vicino - sono chiamati a fare la propria parte.
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