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Un’incessante scalata verso Dio, in compagnia degli uomini, per guidare con mano compassionevole di padre chi da solo non ce l’avrebbe fatta: è questa una delle più efficaci descrizioni della straordinaria avventura terrena del beato don Gnocchi, il “padre dei mutilatini”, le cui spoglie - conservate nel santuario diocesano di Milano a lui intitolato - sono meta costante di fedeli, devoti e pellegrini.
Il prossimo 25 ottobre cadrà il 120esimo anniversario della nascita di don Carlo, ricorrenza che la Fondazione Don Gnocchi – in accordo con la diocesi ambrosiana – festeggerà a partire dalla solenne celebrazione eucaristica in programma sabato 22 ottobre, alle ore 10,30, nel Duomo di Milano, presieduta dall’arcivescovo monsignor Mario Delpini: diretta su Telenova (canale 18 del digitale terrestre) e diretta streaming www.chiesadimilano.it e youtube.com/chiesadimilano.
Il beato don Gnocchi e la casa natale di San Colombano al Lambro dove è nato il 25 ottobre 1902
Nell’occasione, saranno presenti i rappresentanti delle più importanti istituzioni civili e militari, delle principali sezioni e gruppi alpini, dell’Aido e dell’Associazione degli Ex Allievi, insieme a tanti amici dell’Opera di don Carlo. Con loro, i vertici della Fondazione insieme a responsabili, operatori, volontari, pazienti e familiari provenienti da numerosi Centri “Don Gnocchi” oggi attivi nel Paese. Un omaggio alla memoria dell’apostolo dell’infanzia mutilata, momento di preghiera e riflessione che vuole essere insieme occasione di riconoscenza e promessa di impegno a proseguire con coerenza il mandato da lui ricevuto, quell’«Amis, ve raccomandi la mia baracca» sussurrato in punto di morte a quanti gli stavano accanto.
A 120 anni dalla nascita, i messaggi furtivamente consegnati da quanti animano ogni giorno il silenzioso pellegrinaggio alla sua tomba racchiudono frammenti di dolore e squarci di speranza. E sono soprattutto il segno concreto di una devozione popolare mai venuta meno, a partire dall’indimenticato saluto di quel piccolo mutilato in occasione dei funerali («Prima ti dicevo: “Ciao, don Carlo”. Oggi ti dico: “Ciao, san Carlo”»), fino alle struggenti parole dell’amico arcivescovo Montini, quattro anni dopo, in occasione della traslazione della salma dal cimitero Monumentale alla cappella del Centro “S. Maria Nascente” della Fondazione Pro Juventute («Veniamo all’eterna scuola che ancora tiene cattedra nella nostra società profana, quando sembra che sia troppo difficile, davanti a malanni gravi ed esigenti, dare precetti che non siano parole, ma esempi; dare esempi che non siano vanto, ma sacrifici; dare sacrifici che non siano momentanei, ma perenni»).
Uno scorcio della cerimonia di beaticazione di Gnocchi avvenuta il 25 ottobre 2009 nella piazza del Duomo di Milano
A distanza di tanti anni, l’addio sincero di quel bimbo e le splendide parole del futuro Papa conservano l’emozione struggente del ricordo e l’imperativo ineludibile del mandato. E disegnano lungo le strade di Dio (il processo di canonizzazione, avviato nell’86 dal cardinale Martini, attende un nuovo miracolo per la dichiarazione di santità) e i sentieri degli uomini (l’Opera avviata da don Gnocchi, che raggiunge quest’anno i settant’anni di attività, è oggi una realtà di primo piano nel panorama socio-assistenziale e sanitario del nostro Paese) la figura poliedrica di un prete straordinariamente moderno, che ha segnato indelebilmente la storia sociale e civile italiana del secolo scorso.
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