Il progetto - attivato al Centro S. Maria ai Colli -... (Leggi tutto)
La Fondazione Don Gnocchi è una comunità di persone formata da operatori, volontari, pazienti e, non ultimi, i famigliari, senza i quali ogni percorso di cura sarebbe molto più faticoso, se non vano. Questo è ancora più importante nelle Unità riabilitative per pazienti con Gravi Cerebrolesioni Acquisite (GCA), che sono reparti di riabilitazione ad alta intensità presenti nei Centri Don Gnocchi di Torino, Milano (Istituto "Palazzolo" e IRCCS "S. Maria Nascente"), Rovato (BS), La Spezia, Firenze e S. Angelo dei Lombardi (AV), che accolgono persone che hanno subito gravi lesioni cerebrali in seguito ad eventi traumatici, vascolari (emorragici o ischemici), infettivi o anossici, spesso conseguenti ad arresto cardiaco, con conseguente stato di coma. Per loro il percorso riabilitativo è complesso e pieno di ostacoli, spesso imprevedibili, ed è fondamentale, fin dal primo giorno di ricovero, una forte alleanza tra il team degli operatori e i famigliari e caregiver.
In questo contesto, il reparto per GCA dell’IRCCS "Don Gnocchi" di Firenze ha promosso una serie di incontri con le famiglie dei pazienti, a cui hanno preso parte anche rappresentanti di associazioni toscane che operano nel settore.
«Nell’ambito della riabilitazione delle Gravi Cerebrolesioni Acquisite – spiega Camilla Grifoni, medico referente del reparto GCA del Centro fiorentino della Fondazione (foto sotto) – la presa in carico riguarda sia il paziente che la sua famiglia, perché il malato sarà dipendente dal caregiver e dipenderà dal caregiver la buona riuscita della riabilitazione. Da qui la necessità di un maggiore coinvolgimento delle famiglie, cercando di sensibilizzare sempre di più il loro ruolo centrale, che è di grande aiuto anche per noi in corsia. La riabilitazione è un lavoro di squadra».
«In particolare, la relazione con le associazioni dei famigliari – ha aggiunto la dottoressa Manuela Diverio, direttrice del Dipartimento GCA della Fondazione Don Gnocchi - è un aspetto da sempre curato e perseguito dal nostro Dipartimento. Nel tempo si sono costruiti momenti di crescita e ascolto reciproco, anche se con modalità diverse nei vari Centri. Siamo però tutti fortemente convinti che l'azione integrata tra sanitari e familiari è la strada da perseguire».
L’incontro di dicembre è stato introdotto dal professor Claudio Macchi, direttore del dipartimento di Medicina riabilitativa dell’IRCCS di Firenze, che ha spiegato il percorso riabilitativo dei pazienti ricoverati in struttura, sottolineando come purtroppo le risposte dei pazienti e il loro recupero, anche a partire da situazioni simili, sono molto diverse. Il professor Stefano Lera, responsabile del servizio di Psicologia, ha invece ricordato l’importanza del supporto psicologico, non solo per il paziente, ma per la famiglia, perché la malattia è un evento che coinvolge tutti. È intervenuta inoltre la dottoressa Roberta Chiaramonti, neurologa dell’Ospedale S. Giovanni di Dio di Firenze, che invece ha parlato dell’iter seguito dal paziente subito dopo la fase acuta della patologia in rianimazione.
Erano presenti le responsabili di due associazioni di famigliari di pazienti con GCA: Ivana Cannoni, presidente dell’Associazione Traumi Cranici Toscani - A.Tra.C.To. e Beatrice Marsella, Presidente dell’Associazione Cerebrolesioni Acquisite (Ass.C.A.). Entrambe svolgono un lavoro importante di supporto ai famigliari, soprattutto attraverso un’attività di ascolto e informativa, aiutando a districarsi nei meandri della burocrazia in tematiche molto delicate come l’amministratore di sostegno o il riconoscimento dell’invalidità e fornendo indicazioni utili e concrete nel percorso del paziente una volta dimesso dalla struttura riabilitativa.
«Facciamo anche attività di prevenzione nelle suole – spiega Ivana Cannoni – con incontri di formazione e sensibilizzazione sulla sicurezza stradale, stili di vita, comportamenti corretti. Inoltre, supportiamo l’attività di ricerca con enti sanitari, organizziamo laboratori per stimolare le capacità residue dei pazienti con disabilità e partecipiamo alle conferenze di consenso a livello nazionale. Siamo a nostra volta famigliari di persone con GCA e volontari, per cui abbiamo vissuto prima di tutto sulla nostra pelle quello che queste famiglie stanno passando adesso».
Non sempre purtroppo le risposte dei territori sono univoche e adeguate alle aspettative delle famiglie: la natura stessa dei pazienti richiede risposte diverse. Ci sono persone in stato vegetativo che hanno bisogno di strutture idonee, altre che recuperano e che, a seconda del livello di invalidità riconosciuto, ricevono servizi diversi da altri. «Il problema principale per le nostre famiglie – aggiunge Ivana Cannoni – è capire a cosa va incontro il loro congiunto una volta dimesso, perché qui entriamo in un campo di grande incertezza: mancano purtroppo risposte omogenee e le famiglie entrano in difficoltà».
È un lavoro complesso, che va oltre le competenze degli operatori di un Centro riabilitativo, ma da cui non si può prescindere, perché è un aiuto diretto a chi in futuro avrà in carico il paziente, cioè la sua famiglia. E il primo passo è creare occasioni di incontro, “fare rete”, costruire legami e momenti di condivisione, dove le paure e il senso di isolamento e solitudine scompaiono.
Gli incontri con le famiglie dei pazienti e le associazioni proseguiranno a cadenza bimestrale anche nel prossimo anno.
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