Il progetto - attivato al Centro S. Maria ai Colli -... (Leggi tutto)
In un futuro forse non troppo lontano, potrebbe esserci anche HAL (Hybrid Assistive Limb) tra gli esoscheletri che la Fondazione Don Gnocchi sperimenterà nei propri Centri, con l’obiettivo di un loro impiego nella pratica clinica, in particolare per la riabilitazione degli arti inferiori di pazienti neurologici con esiti di ictus.
È quanto emerso nel workshop svoltosi nei giorni scorsi al Centro IRCSS “Don Gnocchi” di Firenze, finalizzato alla presentazione dell’esoscheletro HAL alla presenza del suo ideatore, Yoshiyuki Sankai, docente alla Graduate School of Systems & Information Engineering dell'Università di Tsukuba, direttore e amministratore delegato di Cyberdyne, lo spin-off giapponese che lo ha realizzato.
Nel corso dell’evento introdotto dal direttore scientifico della Fondazione Don Gnocchi, Maria Chiara Carrozza (nella foto sotto, con il prof. Sankai), sono state presentate le caratteristiche tecniche di HAL, uno dei più avanzati esoscheletri per la riabilitazione dell’arto inferiore, i suoi utilizzi in ambito clinico e i risultati finora raggiunti, con gli interventi dello stesso Sankai, di Jacek Walukiewicz, presidente del Constance Care Rehabilitation Center di Kierszek (Polonia), di Francesco Chiampo, presidente del Centro S. Gerolamo di Parma e di Loredana Cavalli, direttore medico del Centro Giusti di Firenze, relativamente alle esperienze italiane.
«Con questo evento – ha precisato Carrozza – vogliamo avviare a Firenze e in altri Centri di riabilitazione della Fondazione un cluster avanzato per la sperimentazione di HAL e degli altri modelli di esoscheletri oggi disponibili. Questo utilizzo sarà condotto con rigore scientifico, cioè verificando e misurando analiticamente i benefici che il dispositivo può arrecare».
Tra gli aspetti peculiari di HAL, c’è la capacità dell’esoscheletro giapponese di interpretare le intenzioni di movimento della persona che lo indossa, attraverso dei sensori non invasivi, applicati sulla pelle a livello dei muscoli estensori e flessori delle anche e delle ginocchia. Non si tratta quindi di una “impalcatura”, ma di una tecnologia che si muove insieme alla persona, intercettando i segnali bioelettrici del cervello e riutilizzando la neuroplasticità, ovvero la capacità del cervello umano di adattarsi a nuove condizioni funzionali. Si tratta di un'interfaccia neurofunzionale che stimola la rigenerazione del movimento: da qui la sua valenza in ambito riabilitativo, come dimostrato dai diversi casi clinici presentati nel corso dell’evento.
La collaborazione con Cyberdyne e l’introduzione di HAL nei programmi di sperimentazione clinica della Fondazione sono parte di un processo iniziato già da alcuni anni e che vede la "Don Gnocchi" impegnata nella sperimentazione di dispositivi robotici di ultima generazione perché siano resi disponibili ai propri pazienti e di supporto ai propri terapisti per rendere la loro azione ancora più efficace. Un processo sviluppato anche in collaborazione con prestigiosi enti italiani come l’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova e la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
Questa prassi basata sulla sperimentazione clinica delle migliori tecnologie oggi disponibili ha già dato i suoi frutti, con la realizzazione, di recente, di uno studio multicentrico, tra i più importanti a livello mondiale per numero di pazienti analizzati (251 in tutto), che ha viste coinvolte 11 strutture della Fondazione in tutta Italia (quasi tutte dotate di “palestre robotiche”), sull’efficacia dell’utilizzo della tecnologia robotica nella riabilitazione dell’arto superiore in pazienti colpiti da ictus.
Risultati che hanno dimostrato che la riabilitazione con tecnologie robotiche è efficace nel recupero dell'arto superiore dopo ictus e per alcuni aspetti specifici, come ad esempio i movimenti di presa della mano, di flessione dell'avambraccio sul braccio e di abduzione della spalla, permettendo al paziente di raggiungere prima importanti obiettivi di recupero motorio.
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