Il progetto - attivato al Centro S. Maria ai Colli -... (Leggi tutto)
In occasione del 67esimo anniversario della morte del beato don Carlo Gnocchi, il santuario milanese intitolato al “papà dei mutilatini” ha ospitato numerosi fedeli e amici per una Messa solenne in suo ricordo. Sull’altare, i vessilli sezionali dell’Associazione nazionale alpini di Milano, Monza e Lecco, oltre a una quindicina di gagliardetti di gruppi Ana e al Labaro Aido di Milano, insieme a quelli di gruppi comunali.
La liturgia, martedì 28 febbraio, è stata presieduta dal presidente della Fondazione Don Gnocchi don Vincenzo Barbante, affiancato dal presidente onorario monsignor Angelo Bazzari, dal rettore del santuario don Maurizio Rivolta, dai cappellani di alcuni Centri “Don Gnocchi” e da altri sacerdoti. La funzione è stata animata dal Coro “Aquiloni”, diretto dalla musicoterapeuta Isabella Basile e composto da familiari di pazienti accolti nel reparto per persone in stato vegetativo o di minima coscienza dell’Istituto “Palazzolo-Don Gnocchi”.
Tra i presenti, i vertici della Fondazione, guidati dal direttore generale Francesco Converti, responsabili, operatori, volontari, familiari e ospiti del Centro IRCCS “S. Maria Nascente” e di altre strutture della “Don Gnocchi”, gruppi alpini, rappresentanti dell’Aido e di altre associazioni, ex-allievi e amici della Fondazione.
Nell’omelia, don Barbante (foto sotto) ha ricordato l’attualità del messaggio di don Gnocchi: «Nelle condizioni in cui siamo chiamati a vivere, ciascuno con il proprio compito – ha detto il presidente –, il nostro impegno quotidiano in questa straordinaria Opera che è la Fondazione richiede a ciascuno la vocazione straordinaria di essere sale e luce. E don Carlo per noi e per tutti è stato sale e luce. La sua vita è stata questo. Oggi non siamo qui soltanto per fare memoria. Non diciamo semplicemente “ci siamo ricordati una volta tanto di don Gnocchi”. Questa preghiera nel luogo dove riposano le spoglie mortali è invece l’occasione per comprendere tutto con maggiore profondità d’animo. Oggi abbiamo un’altra occasione che ci ha offerto Dio, per dire grazie e per renderci conto che la nostra vita è preziosa nella misura in cui sappiamo puntare in alto come ha puntato in alto lui nel suo percorso straordinario».
La testimonianza di don Carlo - ha ricordato don Barbante - rappresenta un saldo riferimento anche nel mezzo di questo tempo travagliato: «Don Carlo si aspetta molto da noi. Si aspetta una fedeltà a questa Parola del Vangelo che ha condiviso, alla Parola evangelica che è stata sua e che ora è anche nostra. Un messaggio sempre attuale, che chiede di essere celebrato e vissuto in pienezza, in onestà, con coraggio, con passione, con entusiasmo, perché questo è il vero punto che don Carlo vuole da ciascuno di noi. Ecco, proviamo a fare quello che ha fatto lui, con lo stesso spirito, con la stessa dedizione: proviamo a lasciare che la sapienza di Dio abiti i nostri cuori e quindi i nostri passi».
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