Il progetto - attivato al Centro S. Maria ai Colli -... (Leggi tutto)
«Un giorno un aneurisma ha colpito vigliaccamente la persona che amo. Ci siamo ritrovati all’improvviso in un mondo parallelo, del quale non conoscevamo l’esistenza. In questo nuovo scenario, è diventata primaria la ricerca di ogni modo, azione, stimolo in grado di consentirmi un contatto con lei. Un bel segnale è giunto per caso, mentre stavamo seguendo le prove del coro del “Palazzolo”, il Centro che ospita la mia compagna. La musica, l’ambiente, le persone impegnate nelle prove hanno suscitato in me un grande interesse e nel giro di poco mi sono ritrovato parte attiva del coro. Ho capito che stavo cantando per lei, per me e per quelle persone che intendono il coro come un’esperienza che ci accomuna, che rende sereni noi stessi e i nostri cari, che ci sostiene e ci supporta affinché il canto diventi espressione di gioia per noi e per chi ha il piacere di ascoltarci».
Beppe è uno dei familiari dei pazienti accolti e assistiti al “Nucleo Aquiloni” dell’Istituto “Palazzolo-Don Gnocchi” di Milano - struttura per persone in stato vegetativo o di minima coscienza – che ha aderito con entusiasmo al progetto di musicoterapia a supporto del caregiver, promosso dalla responsabile del reparto Guya Devalle e dalla musicoterapeuta Isabella Basile.
«Si tratta di un reparto delicatissimo – spiegano - dove occorre da parte degli operatori quel “di più” di sensibilità e umanità che i singoli casi pretendono. Anche i familiari sono sottoposti ogni giorno a stress emotivi impegnativi, oltre alla gestione del cambiamento della propria situazione fisica, psicologica e relazionale. L’intervento di musicoterapia, che già all’interno del Nucleo svolge un ruolo di fondamentale importanza per la stimolazione multisensoriale e cognitiva dei pazienti, è stato proposto con un laboratorio corale anche ai familiari, al fine di agire a supporto del loro benessere facendo leva sulle emozioni positive».
Diretto da Isabella Basile, il “Coro Aquiloni” è cresciuto in questi anni, esibendosi in eventi organizzati per il reparto, per l’animazione liturgica (tra queste, la prossima celebrazione per il 66esimo anniversario della morte di don Gnocchi, lunedì 28 febbraio, al santuario di Milano) o svolgendo piccole esperienze concertistiche per alcuni convegni sia all’interno dell’Istituto, sia in altri Centri della Fondazione e in realtà del territorio lombardo. Durante il lockdown, aveva promosso un “virtual choir”, registrando l’inno alla vita (testo originale scritto dal Coro su musica di L. Cohen) a sostegno degli operatori sanitari durante la pandemia.
Gli studi scientifici confermano che la pratica del canto incrementa lo stato di benessere grazie al rilascio di ormoni come la serotonina, la dopamina e l’ossitocina oltre all’inibizione del cortisolo, ormone dello stress, riducendo le tensioni muscolari e migliorando l’umore. Cantare insieme facilita la relazione, fa emergere e consolidare sensazioni ed emozioni positive, facilita i sentimenti di collettività e partecipazione, aumenta la fiducia e permette di raggiungere obiettivi comuni attraverso valori condivisi in un ambiente sicuro e protetto dal giudizio esterno.
Il progetto, già attivo in via sperimentale dal 2016 al “Palazzolo”, si sta replicando in altri Centri “Don Gnocchi”, con l’apertura anche a personale dipendente e volontari.
«Da questa esperienza ho imparato tantissimo – aggiunge Linda, un’altra delle coriste - e per prima cosa a non disperarmi per cose futili. Arriviamo alle prove del lunedì ciascuno con il carico dei propri problemi, che in quell’ora trascorsa insieme a cantare sembra spariscano all’improvviso. Non è semplice staccare la spina dalle preoccupazioni che incombono sulla maggior parte dei coristi, ma con la sapiente guida della nostra direttrice ci siamo riusciti. Quando cantiamo il nostro inno si sprigiona in noi un’emozione indescrivibile, impossibile da spiegare a parole. Solo chi la vive può capirla».
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