Il progetto - attivato al Centro S. Maria ai Colli -... (Leggi tutto)
«Quanti anni sono passati? Forse più di sessanta. Non coloravo un disegno da quando ero bambina. Poi non ho più avuto tempo. È strano: fa tornare un po’ indietro negli anni a momenti spensierati…».
Non è una terapia, ma ha l’obiettivo di “curare l’anima” il progetto promosso dall’Hospice “S. Maria delle Grazie” di Monza. L’iniziativa - dal titolo “I colori che curano” - vuole regalare un po’ di leggerezza in un momento molto delicato e fragile per le persone assistite. Agli ospiti che lo desiderano viene infatti proposto di completare un disegno prestampato o un “mandala” con linee curve, attraverso l’uso dei colori, incoraggiando l’espressione delle proprie emozioni. Il ricordo di momenti di vita spensierati e la comunione con i propri cari (spesso il colorare viene eseguito con l’aiuto dei figli e dei nipoti) aiuta a ridare un senso al tempo che resta e a recuperare il senso di appartenenza al proprio contesto.
«È determinante in hospice – spiegano gli operatori – alleviare anche la sofferenza emotiva e spirituale dei pazienti, che spesso si sentono di peso per gli altri, perdono il senso della propria vita e della propria malattia, non riescono a perdonare e non si sentono compresi».
«La costante presenza dell’idea di morte e la perdita di capacità e ruoli – spiega la responsabile sanitaria dell’Hospice, Adriana Mapelli - appesantisce la situazione e può portare a perdere il senso della propria vita, anche negli ultimi tempi. Colorare è allora un esercizio, un gesto semplice che aiuta le persone a raggiungere uno stato di tranquillità interiore che permette di allontanarsi dai problemi quotidiani, riassaporando attimi di fanciullezza. Lasciare un proprio disegno ai familiari costituisce in alcuni casi un vero e proprio lascito fatto di ricordi di vita e di emozioni condivise. Anche con persone deteriorate cognitivamente siamo riusciti ad ottenere, seppur per brevi momenti, una maggior serenità e una connessione con la realtà che hanno permesso scambi relazionali anche intensi con il proprio familiare».
La capacità di ascolto, di accompagnamento e il considerare gli aspetti spirituali e religiosi della sofferenza come un segno vitale hanno un impatto decisivo sul benessere dei malati: migliora l’adattamento alla malattia, diminuiscono ansia e depressione, viene favorito il mantenimento delle relazioni sociali.
Tutto questo in linea con l’orizzonte operativo delle cure palliative, così delineato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: “Un approccio che migliora la qualità della vita dei malati e delle loro famiglie che si trovano ad affrontare le problematiche associate a malattie inguaribili, attraverso la prevenzione e il sollievo della sofferenza per mezzo di una identificazione precoce e di un ottimale trattamento del dolore e delle altre problematiche di natura fisica, psicofisica e spirituale”.
Così il colore – come definito da Kandinsky – diventa davvero «il mezzo che ci consente di esercitare un influsso diretto sull’anima. Il colore è il tasto, l’occhio è il martelletto, l’anima è il pianoforte dalle molte corde…».
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