Il progetto - attivato al Centro S. Maria ai Colli -... (Leggi tutto)
Tema complesso quello della coscienza sul quale da sempre l’uomo si interroga, dal punto di vista filosofico e spirituale e che, più di recente, ha interessato anche la comunità scientifica e il mondo medico. Per coscienza, in medicina si intende “la consapevolezza di sé e dell’ambiente circostante e la capacità di rispondere agli stimoli ambientali” ed è il risultato di un insieme di processi che sono, fra gli altri, la vigilanza, la consapevolezza, l’attenzione, l’ideazione e la memoria.
E proprio i disordini della coscienza sono stati il tema del convegno svoltosi al Centro “Don Gnocchi” di Roma, per promuovere uno spazio di confronto e approfondimento multidisciplinare: quale, dal punto di vista clinico e riabilitativo, la gestione più efficace di un paziente con disordini della coscienza? Quali i modelli organizzativi e i percorsi di cura? Quale il ruolo delle famiglie? A questi e ad altri quesiti hanno risposto gli esperti intervenuti all’evento: clinici, ricercatori, rappresentanti delle istituzioni e delle associazioni dei famigliari.
Fondamentale - è stato ribadito durante i lavori - la diagnosi corretta: stabilire infatti lo stato di coscienza di un paziente in coma per una grave cerebrolesione acquisita (GCA) offre indicazioni importanti per capire se è possibile aspettarsi una sua ripresa e individuare il percorso riabilitativo appropriato. La riabilitazione di pazienti con GCA è proprio una delle attività di punta della Fondazione, come ricordato dal direttore generale Francesco Converti: «È un impegno in cui crediamo molto ormai da anni e che oggi ci vede protagonisti in alcune regioni. Siamo anche consapevoli che il trattamento di questi pazienti non si può fermare nel momento dell’acuzie, ma deve guardare anche al “dopo”, al rientro in famiglia».
Francesco Converti, Maria Cristina Messa e don Vincenzo Barbante
Oggi sono 185 i posti letto in Fondazione dedicati alla riabilitazione di pazienti con GCA sul territorio nazionale: Torino, Milano (Istituto "Palazzolo" e Centro IRCCS "S. Maria Nascente"), Rovato (Bs), La Spezia, Firenze e S. Angelo dei Lombardi (AV), a cui si aggiungono due unità pediatriche a Firenze e a Falconara Marittima (AN). Nel 2023 in questi reparti sono stati curati 815 pazienti che presentano una notevole complessità clinica e a cui al danno neurologico si associano molteplici complicanze che uno stato di coma prolungato porta con sé.
Tutte queste strutture agiscono sinergicamente grazie al Dipartimento GCA, il cui modello organizzativo è stato presentato dal direttore, Jorge Navarro Solano. Un modello che garantisce omogeneità nella gestione delle attività e modalità di lavoro in rete per favorire, come ha sottolineato la direttrice scientifica di Fondazione, Maria Cristina Messa, il coinvolgimento dei ricercatori e lo scambio di esperienze con i clinici per un’immediata ricaduta dei risultati della ricerca.
Di ricerca in Fondazione, soprattutto per quanto riguarda diagnosi e prognosi dei disturbi della coscienza, hanno parlato Anna Estraneo, senior researcher dell’IRCCS "Don Gnocchi" di Firenze e responsabile dell’Unità di ricerca Personalized Rehabilitation for severe Acquired Brain Injury (PeRABI) di Sant’Angelo dei Lombardi (Av) e Marcello Massimini, neurofisiologo, ricercatore di fisiologia umana presso l’Università di Milano e associato all’IRCCS "Don Gnocchi" di Milano. Massimini ha presentato una metodologia, già applicata presso i Centri della Fondazione di Milano che, come un radar, va alla ricerca di segnali della coscienza attraverso l’azione combinata di elettroencefalogramma e stimolazione magnetica transcranica.
Metodologia ricordata e applicata anche da Brian Edlow, intervenuto al convegno in collegamento dal Massachusetts General Hospital di Boston (USA), uno dei centri di ricerca medica più importanti del mondo, a conferma di una collaborazione con la Fondazione Don Gnocchi che sta progredendo e che sta dando importanti risultati.
Rilevante inoltre il ruolo delle famiglie perché - come ripetutamente ricordato - la gestione di un paziente con disordini di coscienza non si esaurisce nel ricovero ospedaliero o riabilitativo, ma continua e non senza grandi difficoltà nel momento del rientro a casa. A nome dei familiari dei pazienti sono intervenuti Paolo Fogar, presidente della Federazione nazionale delle Associazioni Trauma Cranico e Fulvio De Nigris, direttore del Centro Studi ricerca sul coma “Gli amici di Luca”, di Bologna.
Fogar ha focalizzato l’attenzione sull’analisi dei bisogni, senza la quale non è possibile pianificare politiche efficaci e l’urgenza di un piano riabilitativo di ampio spettro che inizi quando il paziente è ancora ricoverato nei reparti ospedalieri, nei primissimi giorni dell’evento acuto. De Nigris invece ha posto l’accento sulla condizione di tanti pazienti che non possono rientrare a casa, perché la famiglia è essa stessa fragile e incapace di gestire situazioni così complesse.
In chiusura, il presidente della Fondazione Don Gnocchi, don Vincenzo Barbante, si è soffermatoi sul progetto di vita del paziente, che va oltre il piano riabilitativo e comprende la sua famiglia: «Con le istituzioni pubbliche condividiamo lo sforzo di venire incontro ai bisogni dei pazienti e delle loro famiglie e lo facciamo offrendo un servizio di alto livello che guarda all’orizzonte non solo della qualità delle prestazioni, ma del progetto di vita delle persone. Un progetto - ha detto don Barbante - che va oltre il trattamento terapeutico, perché guarda anche a quello che viene dopo le cure, ad una continuità assistenziale che prosegue anche dopo il momento del ricovero. In tutto questo, non dobbiamo però nemmeno dimenticarci della cura di chi si prende cura delle persone, cioè degli operatori, dei caregiver, dei famigliari e anche dei volontari».
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