Il progetto - attivato al Centro S. Maria ai Colli -... (Leggi tutto)
Ha destato scalpore la notizia che il celebre attore americano Bruce Willis è stato costretto a ritirarsi dalle scene perché colpito da afasia. Che cos’è esattamente l’afasia? Come e perché si manifesta? Come viene trattata in Fondazione Don Gnocchi? Si può guarire?
L’afasia è sconosciuta ai più, eppure è un disturbo che riguarda molti: si stima che in Italia - come riporta l’AITA, la federazione che riunisce le associazioni italiane di pazienti afasici - ne siano colpite 150 mila persone, con 20 mila nuovi casi ogni anno. Per loro - e per i loro famigliari – l'afasia si rivela una forma di disabilità che condiziona pesantemente i rapporti sociali e l’attività lavorativa. A causa della difficoltà o dell’impossibilità a comunicare, spesso la persona afasica si autoesclude dal proprio ambito sociale, smette di interagire con gli altri e rimane isolato.
L’afasia è un disturbo che si manifesta attraverso la perdita parziale o completa della capacità di parlare correttamente, di esprimersi e anche di comprendere parole scritte o dette. «È una delle conseguenze più frequenti di un ictus – spiega Manuela Diverio, fisiatra e direttrice del Dipartimento Gravi Cerebrolesioni Acquisite della Fondazione Don Gnocchi – a causa di lesioni in aree specifiche del cervello. Per quanto riguarda la fase riabilitativa e la rieducazione, la figura professionale che se ne occupa è la logopedista, nel quadro di un progetto riabilitativo complessivo e in stretta collaborazione con gli altri operatori».
L’afasia si può tuttavia manifestare anche a seguito di un trauma cranico, oppure si inserisce nel quadro di un deterioramento cognitivo, sintomo di alcune tipologie di demenze, o dell’Alzheimer, o di altre patologie di natura neurologica a sviluppo progressivo.
«Le forme di afasia sono molteplici - aggiunge Paola Taverna, logopedista, coordinatrice del Centro “S. Maria ai Colli-Presidio Ausiliatrice” di Torino, anch’esso inserito nel Dipartimento GCA di Fondazione -. Parliamo di disturbi sul versante della comprensione e dell’espressione: dalla difficoltà a comprendere messaggi scritti alle forme più gravi, dove il paziente non riesce proprio ad esprimersi, ripete sempre le stesse parole, anche se ha bene in mente ciò che vuole dire; fino a forme più lievi, nelle quali il paziente non trova la parola appropriata, o quando l’eloquio è molto fluente, ma senza senso, come una catena di parole emesse in sequenza, senza significato logico, di cui il paziente ha scarsa consapevolezza».
In Fondazione Don Gnocchi il trattamento dell’afasia fa parte del percorso di riabilitazione neurologica garantito in numerose strutture, dal periodo di degenza per proseguire, dopo le dimissioni, nei trattamenti a carattere ambulatoriale e domiciliare. I pazienti afasici sono inoltre curati presso i reparti per Gravi Cerebrolesioni Acquisite, anche questi presenti in diversi Centri della Fondazione, dove il disturbo si inquadra in una lesione multicomponenziale, con uno sviluppo più complesso che nel paziente con esito da ictus.
«La presa in carico del paziente afasico è individuale - continua Taverna -, ma quando si notano segnali significativi di miglioramento si cerca di lavorare in gruppo, perchè l’efficacia del trattamento è maggiore. Sono due gli approcci utilizzati: uno più classico, di tipo linguistico-verbale, e un altro più comunicativo e pragmatico, per migliorare l'efficacia della comunicazione attraverso particolari contesti, cercando di promuovere strategie alternative alla comunicazione verbale per vicariarla e renderla più efficace e funzionale rispetto al contesto o agli obiettivi del paziente. In sinergia con la terapia occupazionale, anche con pazienti più gravi in gruppo, attraverso il "fare" possiamo lavorare sull'efficacia comunicativa: ad esempio, lavoriamo in gruppo sulla programmazione di attività come l’organizzazione di un viaggio, un lavoro o altro e vediamo insieme come affrontare le difficoltà del linguaggio ottenendo una comunicazione comunque efficace. Diversi nostri pazienti sono giovani e in età lavorativa, quindi il nostro intervento è finalizzato, insieme alla psicologa del lavoro, al reinserimento lavorativo o sociale, valorizzando le capacità residue».
Andrea Vianello, giornalista Rai oggi direttore di Radiouno, è stato colpito alcuni anni fa da un ictus e ha raccontato la propria esperienza di afasico nel libro “Ogni parola che sapevo”, testo che – spiega Taverna – viene utilizzato a volte con i pazienti. Vianello, che con le parole aveva sempre lavorato, ha confidato in una testimonianza: «Nelle persone afasiche c’è sempre lo stesso cuore e la stessa anima di prima: io che ci sono passato, le ho provate tutte, con la logopedia, la tecnica, la grinta e forse anche con un po’ di fortuna ce l’ho fatta e ho ritrovato le parole»: un bel segnale di speranza per chi ancora le parole le ha dentro, solo non riesce a dirle.
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