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Un buon sonno è essenziale per una buona salute, eppure tra il 10% e il 20% della popolazione mondiale soffre di insonnia. Secondo uno studio condotto da ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità, l’Università Bocconi e l’Istituto Mario Negri, in collaborazione con la Doxa e pubblicato nel 2020 su “Scientific Reports”, quasi un italiano su tre dorme un numero insufficiente di ore ed uno su sette riporta una qualità insoddisfacente del proprio sonno. Sempre secondo questo studio, la media delle ore di sonno riportate è di circa sette per notte.
Dal 2008, il venerdì che precede l’equinozio di primavera, ovvero quest’anno il 15 marzo, si celebra la Giornata mondiale del sonno, nata su iniziativa della World Sleep Society allo scopo di accrescere le conoscenze sulle diverse patologie del sonno.
È importante quindi dormire bene, come ci spiega la dottoressa Barbara Binazzi (nella foto sotto), specialista in malattie dell’apparato respiratorio ed esperta di medicina del sonno presso il reparto di Riabilitazione respiratoria dell’IRCCS “Don Gnocchi” di Firenze, «perché durante il sonno il nostro cervello non è a riposo, ma svolge compiti che non può svolgere in veglia. Non esiste un numero di ore di sonno sufficiente uguale per tutti: in età infantile si arriva a dormire 12-13 ore, in età adolescenziale 8-9 ore, in età adulta 7-8 ore. Esistono però dei brevi dormitori che dopo 5-6 ore di sonno sono soddisfatti e riposati, e dei lunghi dormitori che hanno bisogno di 8-9 ore di sonno. Ognuno di noi ha un fabbisogno di sonno individuale, che cambia nel corso della vita. Un sonno di buona qualità - aggiunge - è quel sonno che al mattino ci fa sentire riposati e che durante la giornata non ci fa sentire stanchezza, difficoltà di attenzione e di memoria».
L’insonnia è il più frequente dei disturbi del sonno, ma non è l’unico. Uno studio epidemiologico svizzero ha messo in evidenza che circa metà della popolazione adulta (età compresa tra i 40 e gli 85 anni) di sesso maschile e circa un quarto di quella femminile soffre di apnee ostruttive nel sonno (OSAS) di grado moderato-grave: sono numeri impressionanti. E molti studi oggi dimostrano una stretta correlazione tra apnee ostruttive e insonnia, soprattutto per il sesso femminile, anche se i più non se ne rendono conto. Per apnea si intende la presenza di episodi ricorrenti di ostruzione parziale o completa delle vie aree superiori per più di 10 secondi; quando questo fenomeno si ripete per più di 30 volte l’ora, diventa un disturbo grave. Russare potrebbe essere uno dei sintomi più comuni di chi ne soffre, come pure svegliarsi più volte la notte, con la sensazione di non respirare, svegliarsi per urinare, un senso di stanchezza e mal di testa al risveglio, sonnolenza durante il giorno e difficoltà di concentrazione e di memoria.
«È importante arrivare prima possibile ad una diagnosi di apnee notturne – sottolinea la dottoressa Binazzi – sia per le conseguenze cardiovascolari, come maggior rischio di infarto, ictus, aritmia, ipertensione arteriosa farmaco-resistente, ma anche per il maggior rischio di sviluppare neoplasie, diabete, demenze, insufficienza renale».
Le due cose possono essere, a seconda, l’una causa dell’altra: le apnee possono generare disturbi cardiovascolari e questi disturbi possono a loro volta causare apnee e quindi comparsa del disturbo respiratorio nel sonno. Conseguenze indirette delle apnee notturne sono anche un maggior rischio di incidenti stradali e di incidenti sul lavoro.
Per una corretta diagnosi l’esame “gold standard” rimane sempre la polisonnografia (nella foto sotto), che consente la registrazione anche degli stadi del sonno, ma poiché è di più difficile esecuzione, da anni viene eseguito il monitoraggio cardio-respiratorio notturno completo o poligrafia respiratoria, avendo a disposizione apparecchiature più semplici che consentono la registrazione anche al proprio domicilio. La polisonnografia, (con la registrazione elettroencefalografica) viene eseguita per evidenziare problematiche di tipo neurologico.
Fatta la diagnosi di apnee notturne, sono varie le terapie oggi a disposizione: «quella che consente una buona risposta nella maggior parte dei soggetti – spiega la dottoressa Binazzi – è la pressione positiva applicata alle vie aeree superiori, detta CPAP, (Continuous Positive Airway Pressure): si tratta di un flusso di aria che viene applicato attraverso una maschera da indossare di notte e che impedisce il collasso delle pareti delle vie aeree superiori durante il sonno. Esistono però altri trattamenti, come ad esempio i protusori mandibolari che posizionati nel cavo orale quando si va a dormire spingono in avanti la mandibola e aumentano lo spazio aereo e, in casi ben selezionati, interventi chirurgici otorinolaringoiatrici o maxillo-facciali». Fondamentale è seguire un percorso di trattamento personalizzato. I primi interventi che in maniera molto semplice tutti possono mettere in atto sono uno stile di vita sano, seguire buone abitudini alimentari, e una riduzione del peso: anche se non tutti i soggetti obesi hanno le apnee, è però vero che l’aumento di peso in un soggetto normale, può favorire lo sviluppo di questi disturbi.
L’attività diagnostica di polisonnogramma o monitoraggio cardiorespiratorio notturno in Fondazione Don Gnocchi è effettuata, oltre che presso l’IRCCS "Don Gnocchi" di Firenze, a Milano (IRCCS "S. Maria Nascente" e Istituto Palazzolo) e presso il Centro "Spalenza" di Rovato (Brescia). L’esame registra, attraverso appositi sensori, l’andamento del respiro, i valori di ossigenazione e frequenza cardiaca, la posizione corporea; non è invasivo, è di semplice esecuzione e non richiede alcuna preparazione particolare.
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